Il Papa chiede scusa ai rifugiati: siete un dono, non un peso

«Troppe volte non vi abbiamo accolto! Perdonate la chiusura e l'indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e di mentalità che la...

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«Troppe volte non vi abbiamo accolto! Perdonate la chiusura e l'indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e di mentalità che la vostra presenza richiede. Trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono». Lo dice il Papa rivolto ai rifugiati in un videomessaggio per il 35esimo anniversario della fondazione del Centro Astalli.


«Siete la testimonianza - prosegue il Papa nel videomessaggio - di come il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l'ingiustizia di cui soffrite in un bene per tutti. Perchè ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l'incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità».

«Il Centro Astalli - prosegue il pontefice - è esempio concreto e quotidiano di questa accoglienza nata dalla visione profetica del padre Pedro Arrupe. È stato il suo canto del cigno, in un centro di rifugiati in Asia. Grazie a voi tutti, donne e uomini, laici e religiosi, operatori e volontari, perchè mostrate nei fatti che se si cammina insieme la strada fa meno paura. Vi incoraggio a continuare. Trentacinque anni sono solo l'inizio di un percorso che si fa sempre più necessario, unica via per una convivenza riconciliata. Siate sempre testimoni della bellezza dell'incontro. Aiutate la nostra società ad ascoltare la voce dei rifugiati. Continuate a camminare con coraggio al loro fianco, accompagnateli e fatevi anche guidare da loro: i rifugiati conoscono le vie che portano alla pace perché conoscono l'odore acre della guerra».


Chi fugge dalla propria terra per le guerre o la fame è «un fratello», sottolinea il Papa. «La vostra esperienza di dolore e di speranza - dice Francesco rivolto ai rifugiati - ci ricorda che siamo tutti stranieri e pellegrini su questa Terra, accolti da qualcuno con generosità e senza alcun merito. Chi come voi è fuggito dalla propria terra a causa dell'oppressione, della guerra, di una natura sfigurata dall'inquinamento e dalla desertificazione, o dell'ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, è un fratello con cui dividere il pane, la casa, la vita».
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Il Messaggero