Il Papa riceve in dono l'olio prodotto dai detenuti del carcere di Andria

Il Papa riceve in dono l'olio prodotto dai detenuti del carcere di Andria
Senza sbarre. È la più recente etichetta – in questo caso di olio extravergine d'oliva – che nasce nelle carceri italiane. Arriva dopo i tanti...

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Senza sbarre. È la più recente etichetta – in questo caso di olio extravergine d'oliva – che nasce nelle carceri italiane. Arriva dopo i tanti vini dai nomi evocativi come La fuga, Doppia Mandata, Ora d'Aria che negli ultimi anni sono stati prodotti da cooperative di carcerati. Un ergastolano - Vincenzo Sgarra e il suo compagno di cella Mauro Lamorte – hanno donato a Papa Francesco questa mattina la prima bottiglia prodotta dai detenuti del carcere di Andria, in Puglia.


«Per noi – ha detto Sgarra - è un simbolo di riscatto dedicato a tutti coloro che stanno vivendo l’esperienza del carcere». Come riferisce l'Osservatore Romano di questa sera, «Sgarra stenta quasi a credere di aver davvero consegnato quella bottiglia nelle mani del Papa». Condannato all’ergastolo, per la prima volta è «libero di muoversi dopo trentacinque anni di detenzione». Vincenzo ha personalmente regalato a Francesco l’olio della prima annata delle olive raccolte nei terreni della masseria San Vittore, «che noi stessi – ha precisato - abbiamo coltivato nel progetto che mira al nostro reinserimento e anche a un carcere alternativo per chi deve ancora scontare una parte della pena».


Il quotidiano della santa Sede informa che ad accompagnare i detenuti nel loro viaggio a Roma sono stati due parroci letteralmente di frontiera: don Riccardo Agresti e don Vincenzo Giannelli. Sono stati loro a dar vita al progetto "Senza sbarre", sostenuti dal vescovo Luigi Mansi di Andria e dalla Caritas italiana. «In un territorio complesso come la Puglia, dove non c’è nulla di costruttivo per i nostri fratelli carcerati — spiegano — chiediamo ormai da oltre dieci anni ai magistrati di affidarci i detenuti perché si faccia davvero rieducazione e reinserimento, dando loro anche un’opportunità di lavoro». E «l’olio — aggiungono i parroci — è un prodotto concreto che testimonia ciò che si può ottenere dando a tutti una vera possibilità di occupazione e riconoscendone la dignità». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero