Pace tra Libano e Vaticano: tutto cominciò per l'ambasciatore massone espulso da papa Francesco

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CITTA' DEL VATICANO - Sono durate quasi due anni le ripicche...

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CITTA' DEL VATICANO - Sono durate quasi due anni le ripicche diplomatiche tra Santa Sede e Libano. Un lungo periodo di bisticci silenziosi, consumati nel fair play, ma durante il quale i due Stati si sono riservati una vicendevole e imbarazzante rappresaglia nella designazione dei rispettivi ambasciatori. Ora che la vicenda si avvia a conclusione tutti tirano un respiro di sollievo. Monsignor Joseph Spiteri - il futuro nunzio - il 21 giugno è atteso finalmente a Beiruth per iniziare ufficialmente la sua missione e chiudere un capitolo nero. La nunziatura in tutto questo tempo è stata retta da un incaricato, dopo che il precedente nunzio, monsignor Gabriele Caccia era stato promosso da Francesco nelle Filippine, per una missione considerata importante. Il periodo travagliato ha avuto inizio alla fine del 2017, quando il premier libanese Hariri ha scelto come ambasciatore in Vaticano un noto massone, Johnny Ibrahim, il quale,  benché molto conosciuto e apprezzato negli Stati Uniti dove aveva precedentemente lavorato, si è visto sbarrare le porte da Papa Francesco che nel frattempo si era messo storto proprio per la sua appartenenza alla massoneria. «Non voglio massoni». Di conseguenza Johnny Ibrahim, nonostante le rassicurazioni del Premier Hariri fatte direttamente al Papa durante una udienza in Vaticano qualche tempo dopo, ha dovuto ritirarsi di buon grado. Hariri nel frattempo aveva provveduto a mettere una toppa, individuando come rimpiazzo l’ambasciatore del Libano in Argentina, senza però tenere conto che di lì a qualche mese sarebbe dovuto andare in pensione. Una mossa che, ricostruisce molto bene Orient Le Jour - è stata interpretata con una certa irritazione al di là del Tevere, ritenendola una mancanza di rispetto. Di rigidità, in rigidità il clima piuttosto teso si è spostato in Libano dove monsignor Spiteri – pur avendo la nomina in tasca – non è stato fatto partire. Il Vaticano ha di nuovo congelato la pratica. Con la recente nomina ad ambasciatore di Farid el Khazen, già deputato, il cammino si è di nuovo fatto più agevole e tutti e due i diplomatici - quello vaticano e quello libanese - iniziano la missione.

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Il Messaggero