Papa Francesco alle prese con la grana diplomatica del Kosovo

Papa Francesco alle prese con la grana diplomatica del Kosovo
Città del Vaticano - Papa Francesco di nuovo alle prese con il ‘nodo’ del Kosovo, la ex regione della Serbia riconosciuta come Stato da diversi Paesi europei,...

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Città del Vaticano - Papa Francesco di nuovo alle prese con il ‘nodo’ del Kosovo, la ex regione della Serbia riconosciuta come Stato da diversi Paesi europei, Italia inclusa, ma non da Vaticano, Grecia, Cipro, Slovacchia, Romania e Spagna. Il presidente del Kosovo, Hashim Thaci stamattina ha incontrato Papa Bergoglio in Vaticano per la seconda volta, reiterandogli l’invito di visitare Pristina e informandolo dei progressi relativi al percorso di riconciliazione che sta facendo per creare armonia tra Kosovari albanesi e serbi, una minoranza che viene ancora deve protetta dalla Kfor. «Lo scopo è di chiudere il capitolo del conflitto e aprire il capitolo della cooperazione» ha rassicurato il presidente Thaci.


La Serbia si rifiuta fermamente di riconoscere l’indipendenza del Kosovo, a maggioranza musulmana. Un groviglio diplomatico che si è aperto nel 2008 quando è scoppiata la guerra con Belgrado e ha portato all’intervento della Nato. In Kosovo i cristiani rappresentano una esigua minoranza, circa 65 mila persone, su un totale di 2 milioni. Più del 90 per cento è costituito da musulmani. L'islamizzazione della società è iniziata dopo il 2001 e resta tuttora un problema.

Se prima del 2000 non si erano mai viste donne col velo e  le élite al potere si dichiarano apertamente atee, oggi si pratica diffusamente il ramadan, le donne girano con il velo (spesso stipendiate da generose associazioni benefiche saudite), e i figli di tante famiglie vengono fatti studiare nelle madrasse. Il quadro è aggravato da un alto tasso di corruzione del governo e da una criminalità organizzata specializzata in traffico di droga, armi e persone. Il Kosovo ha iniziato a preoccupare l’Europa solo qualche anno fa per il numero di jihadisti che sono andati a combattere sotto le insegne del Califfato Nero. La Turchia di Erdogan ha investito molto in infrastrutture e scuole, inviando anche i suoi imam nelle campagne di Pristina. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero