Fuori da «riserve e recinti, magari dorati» dove li confiniamo per «pietismo e assistenzialismo» affinché non attentino al «modello economico...
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In almeno trentamila, secondo stime della sala stampa vaticana, hanno partecipato con il Papa alla messa conclusiva di tre giorni del loro giubileo, una messa molto particolare, tradotta nel linguaggio internazionale dei segni e nel linguaggio dei sordomuti, letta da testi in Braille, con il Vangelo per la prima volta rappresentato in piazza San Pietro da disabili mentali per essere compreso dai disabili mentali, con una processione all'offertorio in cui una piccola disabile grave in braccio alla mamma sembra diventare offerta, come accade anche alle lacrime di un papà che tiene per mano la figlia. Una messa alla fine della quale papa Bergoglio ha girato a piedi tra i fedeli per circa 40 minuti, salutando, accarezzando, abbracciando e parlando con tutti, malati, assistenti, accompagnatori e sacerdoti, e infine non ha rinunciato al giro in papamobile scoperta per una quindicina di minuti. Papa Francesco non ha risparmiato né gesti né parole, per dare piena cittadinanza agli «imperfetti» nel mondo del finto benessere. E le sue parole, efficaci e dirette come era stato ieri nell'incontro in aula Paolo VI, hanno spiegato molto bene la sua visione della malattia, fisica, mentale, ma anche dello spirito. La diversità, ha spiegato, non può essere affrontata da soli né contando solo sulle risorse della scienza, perché il modello non è quello dei privilegiati, perfetti o meglio truccati, impostoci da società in cui «la cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, e ciò che è imperfetto deve essere oscurato».
L'accettazione della malattia, del limite, della sofferenza, è invece esperienza di ogni essere umano, e certo «il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente 'perfette, per non dire truccate, ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l'accettazione reciproca e il rispetto».
Il Messaggero