Papa Francesco e la campagna per salvare l'Amazzonia dal business delle multinazionali

Papa Francesco e la campagna per salvare l'Amazzonia dal business delle multinazionali
Città del Vatican La deforestazione in Amazzonia è aumentata del 75% tra il 2012 e il 2015. Così Papa Francesco, allarmato per la tutela dell'ambiente e...

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Città del Vatican La deforestazione in Amazzonia è aumentata del 75% tra il 2012 e il 2015. Così Papa Francesco, allarmato per la tutela dell'ambiente e delle popolazioni indigene, torna a martellare su uno dei più grandi business mondiali legati al disboscamento del maggiore polmone verde del pianeta che copre il 18% dell'intera superficie terrestre di terre emerse e dal quale dipende la qualità dell'aria che respiriamo. Un enorme deposito di carbonio che, secondo i dati di Greanpeace, aiuta a stabilizzare il clima e mitigare i cambiamenti climatici: trattenendo tra 80 e 120 miliardi di tonnellate di CO2.


Papa Bergoglio sta portando avanti il progetto di un Sinodo per la Chiesa in Amazzonia con l'obiettivo di sensibilizzare i fedeli e l'opinione pubblica e rendere aperta una riflessione di portata internazionale. La Radio Vaticana ha fatto il resoconto della riunione che il Papa ha avuto ieri con i vescovi dell'Ecuador a Roma in visita ad limina. I vescovi ecuadoregni (come quelli boliviani, colombiani, paraguaiani , peruviani e brasiliani) sono impegnati nella realizzazione di questo Sinodo previsto per l'anno prossimo e non mancherà di fare discutere.

L’impegno comune per l’Amazzonia resta fortissimo, soprattutto di fronte alla questione dello sfruttamento minerario che devasta una regione in cui i popoli nativi sono sradicati. A questo si aggiungono gli interessi di diverse multinazionali. In Brasile per esempio, la Burger King è coinvolta nella deforestazione per permettere l'allevamento di bovini. Tra altre cause della deforestazione emerge poi il disboscamento illegale per la produzione di legname, altro business molto redditizio. Le aree liberate dalla foresta pluviale servono poi a fare spazio alle coltivazioni intensive di soia con cui produrre mangime per gli animali da allevamento. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero