Palermo, la Dia sequestra beni per quasi 10 milioni

Stavolta la Direzione investigativa antimafia di Palermo ha colpito duro. Gli uomini guidati su scala nazionale dal direttore Nunzio Antonio Ferla hanno sequestrato beni per...

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Stavolta la Direzione investigativa antimafia di Palermo ha colpito duro. Gli uomini guidati su scala nazionale dal direttore Nunzio Antonio Ferla hanno sequestrato beni per un controvalore che sfiora i dieci milioni di euro a Motoroil srl, società intestata a Elisa Di Girolamo, ex coniuge del noto imprenditore palermitano Antonio Crocco.  


 

In particolare, il provvedimento disposto dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale del capoluogo siciliano (presidente, Raffaele Malizie) su input del capocentro della Dia di Palermo, colonnello Antonio Concezio Amoroso, interessa otto distributori di carburante per autotrazione disseminati nei territori provinciali appunto di Palermo e poi di Messina, Catania, Trapani e Caltanissetta, oltre che di una tranche residua del capitale sociale. 

Una prima, ingente porzione del capitale sociale dell’azienda di via Giuseppe Lanza di Scalea era stata infatti posta sotto sequestro già un paio d’anni addietro a due soci della donna – Giuseppe Ingrassia e Giuseppe Acanto –, sempre sotto il pungolo investigativo della Dia di Palermo, nel contesto dell’inchiesta sul Mercato ortofrutticolo di Palermo.

Nello specifico, al solo Acanto, che risultava essere il commercialista delle società cui erano stati apposti i sigilli, complessivamente era stato sottratto un patrimonio da 780 milioni di euro di controvalore, mentre beni per altri 250 milioni erano stati oggetto di sequestro nei confronti di Giuseppe Ingrassia, Angelo Ingrassia (nipote di Giuseppe), Pietro La Fata e Carmelo e Giuseppe Vallecchia, tutti titolari di banchi-vendita al mercato panormita.

Il “ragioniere” Giuseppe Acanto, peraltro, era storicamente in società col “mago dei soldi” Giovanni Sucato, così soprannominato perché prometteva di restituire il doppio del denaro che gli veniva consegnato dai propri interlocutori: arrivò a gestire somme enormi, ma in realtà si trattava di una mega-truffa. 
E probabilmente fu proprio per questo che vari collaboratori di Sucato subirono gravi intimidazioni – lo stesso Acanto si vide incendiare il proprio studio – e che nel ’96 lo stesso “mago” di Villabate fu trovato carbonizzato all’interno della sua autovettura lungo la superstrada Agrigento-Palermo: collaboratori di giustizia come Francesco Campanella affermarono che l’ “Italian job” di Giovanni Sucato avrebbe depauperato anche alcuni intoccabili. Che non sarebbero rimasti a guardare. 


Acanto, però, sarebbe riuscito a lasciare Villabate portando con sé una parte del “tesoro” dell’ex socio: adesso arriva il sequestro dell’intero portafoglio azionario della Motoroil che, stando agli inquirenti, nei fatti risulterebbe completamente sotto il controllo dell’ex deputato del Biancofiore all’Assemblea regionale siciliana. Cosa che risulterebbe comprovata dalla circostanza che i registri contabili di alcune aziende coinvolte nell’inchiesta sul Mercato ortofrutticolo erano tenuti dallo stesso Giuseppe Acanto.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero