Un risarcimento per «ingiusta detenzione» da 176 mila euro. L'ha disposto la quarta sezione penale della Corte...
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Corte d'appello di Palermo in favore di Vincenzo Salvatore Onorio, 63 anni, di Gibellina - in provincia di Trapani - che il 16 febbraio 2010 venne arrestato dai carabinieri nell'operazione «Nerone» con le accuse di associazione mafiosa e tentata estorsione. Rimase in carcere per due anni e 11 giorni (fino al 27 febbraio 2012). In primo grado, nel luglio 2012, il tribunale di Marsala lo assolse dall'accusa di associazione mafiosa, condannandolo a quattro anni di carcere per tentata estorsione. In secondo grado, però, nel marzo 2015, la Corte d'appello di Palermo lo condannò anche per mafia. La pena complessiva era di 12 anni di reclusione. Un pentito sosteneva che Onorio, produttore caseario, appartenesse al clan capeggiato dal boss Matteo Messina Denaro.Il 14 luglio 2015, la Cassazione ha annullato (senza rinvio) la sentenza di secondo grado, riqualificando la tentata estorsione in «esercizio arbitrario delle proprie ragioni», un reato che prevede solo una pena pecuniaria ed è punibile a querela di parte. Dal momento che la parte offesa non ha mai sporto querela, l'assoluzione è diventata definitiva. A difendere Vincenzo Salvatore Onorio, assistendolo anche nella causa per il risarcimento dell'ingiusta detenzione (la richiesta è stata di 500 mila euro), sono stati gli avvocati Marcello Montalbano e Nino Caleca. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero