NEW YORK – L’Aids fa ancora paura, e rischia di risollevare la testa anche in Europa, soprattutto nei paesi dell’est. Ma mentre ci avviciniamo al primo dicembre,...
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Siamo tuttavia ancora lontani dal goal che l’Onu si è posta, e cioè di debellare completamente l’aids entro il 2030. Il traguardo non è un miraggio. Sarebbe possibile raggiungerlo se i Paesi ancora esposti aumentassero la percentuale di bilancio dedicata alla lotta contro il virus. Gli strumenti cioè ci sono, l’Hiv può essere tenuto a bada, e i 16 milioni di sieropositivi - di cui quasi un milione sono bambini - ancora senza cure nel mondo potrebbero ricevere la terapia se ci fossero sufficienti fondi. Ovviamente, la responabilità individuale non va dimenticata: come l'UnAids ricorda, la prima difesa sta nell'evitare l'esposizione al contagio, e cioé usare i profilattici nel rapporto sessuale ed evitare di condividere siringhe per il consumo di droga per via endovenosa.
Quanto sia importante ciò, anche per noi europei, lo prova il fatto che mentre in tutto il mondo il tasso di nuovi contagi cala o resta stabile, nell’Europa dell’est e in Asia centrale continua ad aumentare. Secondo il rapporto Onu, nell’Europa dell’Est, cioè alle porta di casa nostra, dal 2010 a oggi il tasso di contagio Hiv è cresciuto del 60 per cento e i decessi da aids sono aumentati del 27 per cento.
Per capire invece l’efficacia della prevenzione e delle cure, si pensi che invece nei Paesi originariamente più colpiti dall’epidemia, come quelli dell’Africa del sud e dell’est, si è ottenuto l‘importante risultato di diminuire del 56 per cento il contagio madre-figlio nei neonati, dopo l’arrivo in massa delle cure antiretrovirali.
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Il Messaggero