Alla fine persino una ultraconservatrice antiabortista come lei ha dovuto dire: «Non si può fare». Mary Fallin, governatore repubblicano dell'Oklahoma, ha...
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Il tema aborto, quindi, continua ancora a spaccare gli americani a 43 anni dalla sua legalizzazione, sancita nel 1973 da una sentenza della Corte suprema Usa. L'Oklahoma, che è tra gli Stati più conservatori del Paese, aveva approvato ieri una legge senza precedenti che rendeva per i medici un crimine la pratica dell'aborto. Una decisione presa dal Parlamento locale senza alcun dibattito, con 33 voti a favore e 12 contro, tra cui alcuni repubblicani che si erano schierati con i democratici. «Credo che sia una funzione fondamentale del governo statale difendere la vita dall'inizio del concepimento» aveva spiegato il senatore repubblicano Natham Dah, promotore della legge. Gli oppositori, tra cui il "Centro per i diritti riproduttivi" con base a New York, avevano invece definito il provvedimento incostituzionale, mentre per l'Associazione dei medici dell'Oklahoma la legge era da ritenersi preoccupante e costituiva uno schiaffo ai fornitori di prestazioni mediche.
Sulla discussione è però calata la scure del governatore Fallin che, pur avendo firmato in passato leggi per rendere più complicato il ricorso all'interruzione di gravidanza, ha posto il veto sostenendo che la legge era troppo vaga e sarebbe stata bocciata in un ricorso in tribunale sulla sua costituzionalità. La governatrice, che tra l'altro è considerata una possibile candidata alla vicepresidenza con Donald Trump, ha comunque dichiarato di continuare a sostenere il riesame della decisione della Corte Suprema che legalizzò l'aborto negli Usa.
Non è la prima volta che l'Oklahoma approva leggi restrittive sull'aborto, e finora molte di esse non sono mai entrate in vigore, respinte dalla Corte suprema. Come quella che voleva costringere le donne a vedere un'ecografia del feto prima che fosse eseguito l'aborto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero