Quando ormai pensava che non ci fosse più nulla da fare, è successo il miracolo. A più di dieci anni di distanza dall'ultima volta è riuscito a vedere nuovamente il viso...
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Lui è un uomo di 68 anni, Allen Zderad, di Forest Lake, nel Minnesota, affetto da retinite pigmentosa, una malattia genetica che gli ha rubato la vista. L'occhio bionico che lo ha riportato alla luce. Il cosiddetto "Second Sight Argus II" - sight, in inglese, significa vista - agisce come una protesi retinica ed è stato finalmente approvato dalla "Food and Drugs Administration" nel gennaio scorso, dopo decenni di ricerche che sono costate oltre 270 milioni di euro.
Allen, una delle 15 persone finora selezionate negli Usa per l'applicazione di questa tecnologia, ora può percepire luci e forme. Tutto grazie a un paio di occhiali con telecamera montata sul ponte e un computer incorporato che invia informazioni agli elettrodi impiantati nella retina in sostituzione delle cellule danneggiate.
«Per tutti questi anni - ha detto Carmen Zderad - ci eravamo sempre sentiti dire "non si può far nulla". E invece...». E invece, ad appena due settimane di distanza dai test preparatori per l'intervento, Allen era circondato da tutta la sua famiglia nella Mayo Clinic al momento di "accendere" gli occhiali. «E' stato un flash immediato - racconta - Subito ho capito che percepivo luci e forme». Quando ha messo a fuoco Carmen, Allen ha urlato di gioia abbracciandola e scoppiando in un pianto irrefrenabile, per poi abbracciare e baciare i dieci nipoti: ricordava i volti dei più grandi, ma altri non li aveva mai potuti vedere. «Sarà bello riconoscerli quando entreranno nella stanza - aveva detto prima che gli occhiali venissero accesi - e guardare come sono cresciuti. I miei nipoti in Oregon - ha poi scherzato - amano giocare a nascondino. Finora, con me, non avevano bisogno di nascondersi».
«Si tratta di un occhio bionico, in ogni senso della parola - dice il chirurgo della retina Raymond Iezzi - Non è un sostituto del bulbo oculare, ma funziona interagendo con l'occhio. L'umanità ha cercato di curare la cecità per 2000 anni o più, ma solo nell'ultimo quarto del secolo scorso abbiamo avuto a disposizione l'elettronica e tutti gli altri elementi necessari per costruire una protesi retinica che potrebbe restituire la vista ai ciechi».
Ora Iezzi, oltre a progettare l'impianto del dispositivo in altri pazienti, è alla ricerca di future applicazioni per chi ha altre malattie degli occhi, oltre alla retinite pigmentosa, come le persone affette da glaucoma o i soldati che hanno perso gli occhi in combattimento. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero