Aumenta divario famiglie tra il Nord e il Sud: in Campania la metà arranca

Aumenta divario famiglie tra il Nord e il Sud: in Campania la metà arranca
Roma -  Aumentano le distanze tra le famiglie del Nord e quelle del Sud. In Campania più della metà delle famiglie (il 54,6%) arriva con difficoltà o con...

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Roma -  Aumentano le distanze tra le famiglie del Nord e quelle del Sud. In Campania più della metà delle famiglie (il 54,6%) arriva con difficoltà o con grande difficoltà a fine mese. A seguire ci sono Sicilia (47%), Sardegna (43%) e Calabria (42,5%). A confronto il problema non sembra sussistere nella Provincia Autonoma di Bolzano (8,7%), di quasi dieci punti percentuali distante dal Friuli Venezia Giulia (19,2%) e dalla vicina provincia di Trento (19,2%). È quanto emerge dal “primo rapporto lavoro” nel Mezzogiorno realizzato dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro su dati Istat realizzato e presentato in occasione del quinto Forum «Lavoro, occupazione, imprese & libere professioni», organizzato dal Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Napoli e dall’ANCL Napoli. La ricerca sulla situazione occupazionale al Sud mette a fuoco come la parziale ripresa in corso non investa ancora significativamente il Mezzogiorno e come in questi mesi la distanza tra le regioni del Nord e del Sud Italia sia aumentata, sia dal punto di vista della ricchezza che del dato occupazionale.


L’analisi dell’Osservatorio misura il divario in termini occupazionali tra la fase dell’economia industriale (dati 1977) e l’attuale fase economica postindustriale (dati 2017): il differenziale occupazionale tra Nord e Sud è passato dal 9% a più del 20% in 40 anni, a svantaggio del Mezzogiorno. I dati del 2017 sono emblematici e consegnano una Italia divisa in due come mai era stata prima: con ben 20 province del Nord Italia che hanno raggiunto e superato il livello occupazionale di Paesi come l’Austria e la Germania (Bologna, Milano, Piacenza, Bolzano in testa) e 25 province del Mezzogiorno che si collocano sui peggiori livelli europei, confrontabili con la Romania e la Grecia (Caltanisetta, Foggia, ma anche Napoli non arrivano ad un tasso di occupazione di almeno il 40 per cento).

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Il Messaggero