Nicotera, disabile segregato da fratello e cognata in un pollaio

Foto di repertorio
Saranno anche stati chiusi gli Opg, i micidiali Ospedali psichiatrici giudiziari che rispetto alle condizioni di vita dei degenti hanno scritto pagine oscure di storia. Le...

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Saranno anche stati chiusi gli Opg, i micidiali Ospedali psichiatrici giudiziari che rispetto alle condizioni di vita dei degenti hanno scritto pagine oscure di storia. Le segregazioni, però, purtroppo continuano anche tra le mura domestiche.


L’ultima, tremenda storia di questo tipo arriva da Marina di Nicotera, centro del Tirreno vibonese, dove un 59enne afflitto da gravi patologie psichiatriche fin dalla nascita era stato rinchiuso addirittura in un pollaio dal fratello e dalla cognata – cui era stato affidato, una volta morti i genitori –, in condizioni igieniche che definire “tribali” sarebbe un complimento. 

Spazi di vita ridottissimi, per giaciglio un materasso letteralmente invaso dai suoi stessi escrementi (lo sfortunato protagonista di questa storiaccia non è mai stato autosufficiente, ma al contempo il piccolissimo locale in cui era costretto non aveva neanche un bagno né acqua a disposizione); tutto intorno rifiuti, insetti, odori mefitici, resti di cibo sparpagliati un po’ ovunque, un degrado umiliante. 

Carabinieri della stazione di Nicotera Marina (comandante, il maresciallo Fabio Cirone), vigili urbani e operatori sanitari non credevano ai loro occhi, al momento della scoperta di questa terrificante prigione di appena quattro metri quadri, in una remota viuzza.

Il fratello, la cognata e altri tre componenti del loro stesso nucleo familiare sono stati denunciati a piede libero per maltrattamenti e sequestro di persona: ammesso che fosse in grado di decidere al riguardo, il disabile psichico segregato non avrebbe comunque potuto lasciare quell’orrenda “cella” neanche per un’ora, in quanto il pollaio era perennemente chiuso dall’esterno, forse per l’assurda “vergogna” di un parente non in possesso delle proprie facoltà mentali, e dall’interno la porta non si poteva aprire. E questo per lunghi, lunghissimi anni.


Rimangono le enormi preoccupazioni per quello che sarà il futuro del 59enne sottratto a una simile cattività: intanto, per la denutrizione cui è stato sottoposto in condizioni di vita orribili. Ma anche perché per tutto il periodo dell’incredibile prigionia, all’uomo non sono stati somministrati medicinali di sorta, mentre il pollaio-penitenziario in cui era stato indegnamente rinchiuso aveva un tetto d’eternit, con possibili conseguenze sul suo fisico che in atto non è possibile pronosticare.   Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero