Nicotera, condannato a 10 anni per aver sparato alle gambe alla sorella. Ma ora è libero in attesa dell'appello

Nicotera, condannato a 10 anni per aver sparato alle gambe alla sorella. Ma ora è libero in attesa dell'appello
Condannato a 10 anni e 4 mesi di carcere per tentato omicidio e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici il 26enne di Nicotera Demetrio Putortì: la sera del 18...

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Condannato a 10 anni e 4 mesi di carcere per tentato omicidio e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici il 26enne di Nicotera Demetrio Putortì: la sera del 18 agosto dello scorso anno ferì gravemente a colpi di fucile caricato a pallini la sorella Marisa – 22enne studentessa lavoratrice, madre di una bimba di 5 anni avuta dal suo compagno –, “colpevole” di amare un ragazzo che a Demetrio non piaceva e, più in genere, di non eseguire gli ordini del fratello, che dopo la morte del padre aveva calzato i panni del capofamiglia “severo”.


Il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Vibo Valentia Mariagrazia Monaco ha inoltre condannato il 25enne Giuseppe De Certo a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento nei confronti di Demetrio Putortì; De Certo avrebbe provato ad aiutare il giovane amico a sfuggire alle proprie responsabilità. Assolto invece dalla medesima accusa Giulio Putortì, zio di Demetrio.
 
Va detto che i successivi gradi di giudizio potrebbero ridimensionare la pena inflitta a Demetrio Putortì (già noto alle forze dell’ordine per rissa e resistenza a pubblico ufficiale): la stessa Corte di Cassazione ha evidenziato che il fatto si sarebbe dovuto inquadrare sotto la fattispecie giuridica delle lesioni personali, in perfetta concordanza con le dichiarazioni del ragazzo, che durante il processo ha sempre affermato di non aver mai inteso assassinare la sorella ma di averla voluta “punire”, gambizzandola. Di diverso avviso il  Tribunale del riesame di Catanzaro e adesso il gup vibonese, contrari alla derubricazione del reato di tentato omicidio contestato a Putortì e per il quale il 26enne di Nicotera è stato condannato, sia per le modalità del suo gesto sia per l’utilizzo di un’arma a canna lunga. Il ragazzo è stato invece prosciolto per il reato di ricettazione.
 
Al di là della volontà di Demetrio Putortì, però, la sorella – centrata alle gambe mentre stava servendo ai tavolini del “Bombo Bar” di Nicotera in cui lavorava: il fratello le sparò dalla sua auto in corsa – aveva comunque rischiato la vita. Uno dei pallini l’aveva attinta all’arteria femorale, facendole perdere sangue a fiumi e mettendo in pericolo la sua sopravvivenza: per sua fortuna, la ragazza era stata soccorsa da un laureando in medicina e da un infermiere, in grado di bloccare l’emorragia.

Per il feritore di Marisa, la Procura di Vibo aveva chiesto 13 anni e mezzo di carcere. Invece, pur riconosciuto colpevole di tentato omicidio in prima istanza, Putortì ha lasciato gli arresti domiciliari per cessate esigenze cautelari e potrà attendere i prossimi gradi di giudizio da uomo libero. Questo, malgrado il ragazzo subito dopo l’arresto avesse commentato «mi auguro che ora mia sorella capisca» e benché il gip, nel disporre la misura cautelare, ne avesse constatato l’«aggressività», la capacità di «sapersi procurare agevolmente armi da fuoco e di utilizzarle senza alcuna remora», paventando il «pericolo che l’indagato possa reiterare la medesima azione criminosa ancora una volta in danno della sorella». Un rischio che evidentemente non è più giudicato concreto e attuale.
 
Era stato lo stesso Demetrio Putortì, poche ore dopo quelle fucilate balorde contro la sorella, a costituirsi ai carabinieri della stazione di Nicotera Marina: ciononostante, inizialmente gli investigatori avevano preso in considerazione diverse “piste”, inclusa la possibilità che i colpi di fucile in realtà avessero un obiettivo diverso da Marisa. Una volta emersa la corretta ricostruzione, la giovane ferita aveva perfino perdonato il fratello Demetrio per quei colpi di fucile che avrebbero potuto costarle la vita.
 

Ma l’aspetto che forse più caratterizza questa vicenda è il timore di “ciò che pensa la gente”. Sarebbero state proprio le dicerie a scatenare la furia di Demetrio Putortì, più che la “disobbedienza” della sorella minore in sé. E a pochi giorni dall’arresto la stessa madre dei due ragazzi, Vincenza Pirelli, aveva invocato un curioso “silenzio stampa”, annunciando querele per chi utilizzasse «frasi o espressioni irriguardose nei confronti sia del ragazzo che della ragazza» allo scopo di fermare «il pettegolezzo». Come se il problema fosse il gossip paesano e non un tentato omicidio.

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Il Messaggero