«Non ho ucciso Fortuna, non ero lì quando lei è caduta, né ho mai commesso abusi sessuali»: si è difeso così, stamani,...
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La difesa. Caputo, che ieri aveva dato segni di cedimento al momento della notifica dell'ordinanza, in carcere, dove era già detenuto per violenza sui figli della sua convivente, oggi - si apprende sempre da fonti giudiziarie - ha ribadito la linea tenuta in questi due anni di indagini, ed è tornato a essere la persona che il gip descrive nell'ordinanza come «caparbio» nell'ostacolare l'attività investigativa.
Nell'interrogatorio, che si è svolto nel carcere di Poggioreale e non si è protratto a lungo, Caputo ha respinto tutte le accuse e ha ribadito le posizioni tenute nel corso delle indagini, coordinate dal Procuratore Aggiunto Domenico Airoma. In particolare ha detto di non trovarsi nel luogo dove è morta Fortuna, di essere «un buon padre» e di «non aver commesso mai niente».
Nessuna traccia di Dna. Tra gli elementi raccolti dagli investigatori nell'inchiesta che ha portato ieri all'arresto di Caputo non ci sono tracce di Dna. Lo si apprende da fonti investigative. In un'intercettazione allegata all'ordinanza di custodia cautelare a carico di Caputo, quest'ultimo, mostrandosi preoccupato e riferendosi a Fortuna, dice: «Vuoi vede che là sopra c'è il sudore mio».
Le inquiline indagate. Due inquiline del «palazzo degli orrori» di Parco Verde sono indagate dalla Procura di Napoli Nord per l'ipotesi di reato di false dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria. Fra le persone indagate - si apprende da fonti vicine all'inchiesta - vi è la donna che gli investigatori ritengono abbia raccolto la scarpa persa da Fortuna al momento della morte. La donna raccontò agli investigatori che, il giorno della morte di Fortuna, era rimasta seduta tutta la mattina fuori alla porta di casa perché faceva caldo e di non aver visto passare la bimba, né tantomeno Caputo.
Qualche giorno dopo però la donna venne intercettata nella sua abitazione mentre parlava con il figlio. «L'ho buttata io la scarpa, non lo voglio dire a nessun 'u fatt ra scarpetellà, perché qua sono venute le guardie», diceva, riferendosi al sandalo di Fortuna, perso durante la caduta dall'ottavo piano del palazzo e che - secondo la ricostruzione degli investigatori - lei aveva ritrovato e fatto sparire per non essere coinvolta nelle indagini.
Il padre: «Chi l'ha ammazzata è una bestia». «È una bestia che forse non ha neanche capito quello che ha fatto: in un altro Paese lo condannavano a morte».
Il Messaggero