Per la Birmania è la fine di un'epoca: Htin Kyaw è diventato oggi il primo presidente non militare dopo oltre mezzo secolo. La sua nomina rappresenta anche il...
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I due candidati sconfitti, Henry Van Htio e Myint Shwe, diventeranno suoi vice nell'esecutivo che entrerà in carica il primo aprile, rimpiazzando quello del premier uscente Thein Sein. In una breve dichiarazione dopo l'elezione, il nuovo capo di stato ha subito ringraziato Suu Kyi: «Sono diventato presidente grazie alla sua buona volontà e alla sua amorevole gentilezza. Questa è la sua vittoria», ha detto. Lei, che in Parlamento ha applaudito sorridente l'annuncio ufficiale, non ha invece commentato il risultato. L'amicizia tra Htin Kyaw (pronunciato 'tin cio«) e Suu Kyi è profonda. Si conoscono fin da bambini grazie ai legami tra le due famiglie, e negli anni Novanta diventò uno dei più stretti collaboratori della "Signora", occasionalmente facendole anche da autista nei brevi intermezzi di libertà nei complessivi 15 anni agli arresti domiciliari.
Un confidente di lunga data, descritto come un uomo mite, che ora avrà il compito di eseguire la volontà di una Suu Kyi abituata ad accentrare su di sè la gestione di qualsiasi affare del suo partito, e determinata - parole sue - ad essere «sopra il presidente», dato che la carica le è preclusa perchè madre e vedova di cittadini britannici.
Il futuro vicepresidente Myint Shwe, inoltre, è un ex tenente generale con un ruolo chiave nella repressione della «rivoluzione di zafferano» del 2007, tanto che contro di lui gli Usa hanno ancora attive delle sanzioni. Per il governo di Htin Kyaw trovare un equilibrio con l'esercito sarà quindi fondamentale: ma gli ostacoli non mancano, a partire dalla scarsa fiducia reciproca tra i militari e Suu Kyi. Le aspettative del popolo birmano, che sembra tracciare un collegamento automatico tra democrazia e progresso, sono enormi. La strada per soddisfarle è però tortuosa. Dopo mezzo secolo di dittatura isolazionista, nel Paese la povertà è ancora diffusissima, sanità e istruzione sono a pezzi, il livello delle infrastrutture è pietoso; l'elevato potenziale di un Paese di 50 milioni di persone che deve recuperare il tempo perduto è frenato dalle incertezze del sistema giudiziario e della burocrazia, che spaventano molti investitori stranieri. Nelle aree di frontiera del nord e dell'est sono inoltre attivi diversi conflitti con gruppi ribelli etnici, interessati a ricavarsi una fetta di autonomia in un Paese dove l'esercito ha governato con un ferreo centralismo. Vanno insomma gettate le intere fondamenta di uno stato funzionale. Ma per l'ex prigioniera politica Suu Kyi, ora presidente de facto dopo decenni di sacrifici, oggi è un giorno di festa. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero