Senato, Minzolini salvo grazie a 19 voti del Pd. M5S: rischiate violenze

Chi gli dice: «Minzo sei un grande!». Chi, e sono tanti, dai banchi di Forza Italia e da quelli di Area Popolare si precipita verso lo scranno di Augusto Minzolini,...

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Chi gli dice: «Minzo sei un grande!». Chi, e sono tanti, dai banchi di Forza Italia e da quelli di Area Popolare si precipita verso lo scranno di Augusto Minzolini, appena salvato dalla decadenza da senatore grazie anche al soccorso del Pd, e bacia e abbraccia il giornalista entrato in politica e che dalla politica stava per essere evacuato e invece no. Il dem Mucchetti, ex giornalista, tra i suoi salvatori, gli si affianca e gli fa: «Complimenti Minzolini! Il Pd ci ha lasciato libertà di coscienza e io ho votato per il no alla tua decadenza».


Gli si avvicina festante l'avvocato e senatore Ghedini, l'uomo più prossimo a Berlusconi ormai da anni, sta già parlando al telefono con l'ex Cavaliere e glielo passa a Minzolini: per celebrare insieme una vittoria. E la rivalsa sulla legge Severino e sulla decadenza del leader forzista dal Senato. Scene di giubilo. Grida così: «Giustizia è fatta!». Rabbia dei grillini. Immenso imbarazzo del Pd. Infilzato dalla sua sinistra, quella dei fuoriusciti bersaniani che parlano grilleggiando di «patto sotterraneo di salvataggio Lotti-Minzolini», e lacerato al suo interno. Doris Lo Moro, ex magistrato e esponente Mdp: «Sono avvilita, il nostro partito ha dato uno spettacolo inguardabile».

PATTO O NON PATTO
La Giunta sette mesi fa aveva chiesto la decadenza di Minzolini, condannato in via definitiva per peculato con interdizione, ma ora l'ordine del giorno per il salvataggio in aula e il respingimento della decisione della Giunta, presentato dai forzisti, ottiene questo risultato: 137 a favore, 94 contrari, 20 astenuti.

Nel mirino - e in una black list subito pubblicata sul blog di Beppe Grillo - finiscono i 19 dem che hanno detto sì a Forza Italia tutta ringalluzzita e sicura che ora si possa riaprire in positivo la questione decadenza di Berlusconi. Quei 19 hanno votato in nome del Patto del Nazareno resuscitato ad hoc? Tra di loro c'è di tutto: renziani e non renziani, ex montiani e franceschiniani, perfino ex storici militanti e filosofi del Pci, come Mario Tronti, e garantisti di derivazione sinistra extraparlamentare come Luigi Manconi. E ancora: Capacchione, De Biasi, la renziana della prima ora Di Giorgi nuova vice-presidente del Senato, Fattorini, Favero, Fiossore, Giannini, Ichino, Maran, Margiotta, Moscardelli, Mucchetti, Scalia, il dalemiano Sposetti, Susta, il renziano Tonini. Nomi ai quali, sempre per la maggioranza, vanno aggiunti i 23 sì arrivati da Ap e i 7 voti a favore giunti dal Gruppo Autonomie.

In aggiunta, all'odg azzurro hanno detto sì anche verdiniani («Evvva, è stata stracciata la legge Severino!», esulta Barani il capogruppo) e Lega. Gli scissionisti di Mdp a favore della decadenza, i grillini ovviamente e Di Maio, rintuzzato da Zanda, alza i toni: «Un voto eversivo, poi non lamentatevi della violenza». Sempre Zanda: «Offensivo parlare di voto di scambio».

GLI SHERPA

Comunque sono i voti della maggioranza a risultare decisivi anche perché, al Senato, l'astensione vale come voto contrario. Per non dire dei 24 senatori dem assenti, di cui solo 7 «giustificati». Gli altri hanno scelto l'aiutino? Tra di loro c'è il renzianissimo Cocianchic, la Lanzillotta, il renziano Esposito, la Puglisi e la Bertuzzi. E Lo Moro attacca tutti loro e i vertici renziani: «Il voto e le assenze del Pd non sono stati casuali. Mi auguro che la manovra non sia stata organizzata. Comunque ho visto strani movimenti». Quelli dell'ex magistrato Nitto Palma e dell'avvocato Caliendo, super-berlusconiani, strateghi dell'operazione «salaviamo il soldato Minzo», sono stati movimenti applauditi dai colleghi di partito. E in fondo, sotto sotto, anche da Grillo. Che ora spara tutto contento sul «nuovo inciucio», mentre Di Maio si spinge oltre e Zanda: «Gravissimo che il vice-presidente della Camera inciti alla violenza». Cicchitto, garantista doc di Area Popolare, commenta in serata: «Tutto bene quel che finisce bene». Anche se, visto il tenore delle polemiche, non sembra finita qui. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero