Milano saluta Angelo Scola: oltre 5 mila fedeli per l'ultima celebrazione del cardinale

Milano saluta Angelo Scola: oltre 5 mila fedeli per l'ultima celebrazione del cardinale
«Ho avuto la fortuna di vivere il mio ministero in un momento in cui, al di là delle contraddizioni, dei conflitti e dei problemi che ancora attanagliano la nostra...

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«Ho avuto la fortuna di vivere il mio ministero in un momento in cui, al di là delle contraddizioni, dei conflitti e dei problemi che ancora attanagliano la nostra metropoli, ho potuto vedere non pochi elementi di risveglio. Nello stesso tempo però avverto l'urgenza di dire con franchezza che questo non basta». Così il cardinale Angelo Scola, che per sei anni ha guidato la Diocesi ambrosiana come arcivescovo, ha salutato i fedeli, la città e quanti questa sera hanno gremito il Duomo di Milano (c'erano 5.500 persone, secondo la Curia) in occasione dell'ultimo pontificale da lui celebrato. Scola nell'omelia ha voluto indicare i tanti segnali di rinascita di Milano in questi anni, come «la sua grande capacità di accoglienza, al di là di comprensibili sacche di paura, il gusto del paragone e del confronto tra quanti praticano diverse visioni del mondo. Fenomeni questi tanto più imponenti se si considera il processo di mescolamento in atto, in modo massiccio, anche sul nostro territorio».


Ma la città deve ancora compiere della strada e Scola l'ha indicata ai fedeli ricordando un discorso da lui tenuto in occasione delle celebrazioni di Sant'Ambrogio. «Dissi che a Milano mancava l'anima - ha ricordato -, alcuni contestarono questa mia affermazione. In parte avevano ragione, altrimenti questa crescita della metropoli non si spiegherebbe. Tuttavia c'è ancora un cammino da compiere». «'Non dimenticarti di Diò avevo raccomandato alla nostra città all'inizio del mio ministero in mezzo a voi, perché 'Dio è con noì - ha spiegato il cardinale -. Questa memoria, in sei anni l'ho potuto toccare con mano, è ancora viva in molte tra le generazioni adulte dei vecchi e nuovi milanesi. Ma non sempre sappiamo vedere l'enorme potenziale di speranza e di costruzione di vita buona, cioè bella vera e giusta, che tale memoria contiene. Di conseguenza spesso non riusciamo a farlo scoprire ai giovani».
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Il Messaggero