ROMA I servizi segreti italiani, in particolare l'Aise, seguono da tempo quel che accade tra le coste libiche, nelle loro acque nazionali e in quelle internazionali. E i...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
GLI 007
«Si è allungato il percorso compiuto in mare dalle navi che salvano i migranti che attualmente, sempre più frequentemente, entrano nelle acque libiche», ha spiegato in tempi non sospetti, a marzo scorso, il direttore dell'Aise Alberto Manenti al Copasir, mostrando anche alcune slide, tratte da siti rintracciabili in rete: «Ma al momento non risulta che ci siano contatti tra le organizzazioni governative e i trafficanti, so che su questo punto sono in corso indagini giudiziarie», ha aggiunto. Le immagini mostrate dal capo dei servizi esteri erano molto precise e indicavano persino come le Ong avessero teso col tempo a ripartirsi il medesimo braccio di mare, di fronte a Tripoli. Niente a che vedere, però, col presunto dossier di cui ha parlato per giorni il leader della Lega, Matteo Salvini e infatti a smentire le sue parole è stato il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, che ieri ha parlato di notizia «priva di fondamento».
IL PM DI SIRACUSA
Ieri, a dare un'ennesima stoccata alle ipotesi lanciate dal procuratore di Catania è stato il collega di Siracusa, anche lui ascoltato dalla commissione Difesa guidata da Nicola Latorre: «A noi - ha detto il procuratore Francesco Paolo Giordano - non risultano collegamenti tra organizzazioni non governative e trafficanti. Certamente siamo in grado di stabilire che c'è struttura e struttura. Alcune hanno imbarcazioni perfette e un atteggiamento collaborativo con la polizia. Altre hanno navi meno soddisfacenti dal punto di vista di dotazioni e logistica e collaborano meno, ma non abbiamo elementi per valutare che si tratti di favoreggiamento (dell'immigrazione clandestina ndr)». Una distinzione analoga a quella che sta emergendo, in particolare, dalle verifiche avviate in Senato. E che potrebbe essere determinante anche quando, una volta terminate le audizioni, la commissione invierà a Parlamento e Governo le proprie valutazioni e Viminale e palazzo Chigi decideranno come «riorganizzare» il rapporto con le ong che ormai hanno un ruolo sempre più centrale nei salvataggi. L'ipotesi allo studio è stabilire regole di cooperazione più chiare con le autorità italiane.
LA RIORGANIZZAZIONE
Le organizzazioni internazionali riceveranno assistenza solo se accetteranno di dare informazioni sulle barche incontrate in mare, sugli scafisti o presunti tali, e daranno prova di aver affondato i natanti una volta salvati i naufraghi. Anche perché il rischio caos è dietro l'angolo. Ieri, il procuratore Giordano ha raccontato come recentemente una nave norvegese con comandante spagnolo nel tentativo di salvare i migranti a bordo di un gommone abbia sbagliato una manovra uccidendo tutti i naufraghi: «L'incidente è avvenuto in acque internazionali, insieme ad Europol ed Eurojust è stato valutato che la competenza era della Norvegia e noi non abbiamo avuto la possibilità di fare alcuna indagine, neppure per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina». I numeri, però, dicono che il ruolo dei volontari sta diventando sempre più centrale: nel 2015, spiega Giordano, i salvataggi da parte delle ong sono stati il 12,6%, nel 2016 il 14,3% mentre nei primi tre mesi del 2017 sono già arrivati al 28,1%.
LA PROPOSTA M5S
Intanto il M5S presenterà oggi una proposta di legge a prima firma Alfonso Bonafede, deputato della commissione giustizia e fedelissimo di Luigi Di Maio, tra i pù aggressivi nell'accusare le ong. La proposta si concentra sui reati gravi che si consumerebbero in mare aperto e, attraverso una modifica a un articolo del codice della navigazione, vuole estendere le funzioni e i poteri della polizia giudiziaria su navi militari e imbarcazioni della Capitaneria di porto. «Questo consentirà - spiega Bonafede - di avere un monitoraggio costante che oggi non c'è. Quando la Procura acquisirà la notizia di reato potrà procedere come sulla terra ferma, ovvero servirsi delle forze che sono già impiegate in mare». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero