Un team di ricognizione è in questi giorni a Niamey per studiare le necessità della nuova missione militare italiana in Niger, che partirà col nuovo anno,...
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Uno spostamento verso l'Africa ed il Mediterraneo che coincide con quelli che al momento sono gli interessi nazionali. «Non sarà - ha assicurato il generale Graziano - una missione 'combat': il nostro contingente avrà il compito di addestrare le forze nigerine e renderle in grado di contrastare efficacemente il traffico di migranti ed il terrorismo». È la stessa attività che gli italiani svolgono in Iraq d in Afghanistan e cioè «preparare le forze locali a conservare la stabilità, a creare una capacità interna di mantenere la sicurezza». Inizialmente gli italiani - potrebbero essere i parà della Folgore i primi a partire - lavoreranno a Niamey insieme ai francesi, presenti nell'area del Sahel con gli oltre 3mila militari dell'operazione Barkhane. A Barkhane partecipano anche le forze armate di 5 ex colonie francesi (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger).
Ed è possibile che anche altri Paesi europei, come Spagna e Germania, decidano di inviare propri contingenti. Il Niger è un'area nevralgica per il flusso di migranti che dal centro Africa risale verso la Libia attraverso i confini desertici lasciati incontrollati. E nella regione è forte la presenza di milizie jihadiste. C'è dunque da fare un'attenta pianificazione per una missione che richiederà un imponente sforzo logistico. Non ancora definiti gli assetti che partiranno, ma è presumibile che non mancherà una componente aerea, reparti del Genio, formatori e forze speciali. L'invio del nuovo contingente (intorno ai 500 effettivi, secondo le stime) avverrà gradualmente nei primi mesi dell'anno.
E nel corso del 2018 ci sarà il dimezzamento della missione in Iraq, che conta 1.500 unità. In particolare, sarà ridotto il personale (circa 500 uomini) che presidia il cantiere per la manutenzione della diga di Mosul. Lo Stato Islamico, ha riferito il capo di Stato Maggiore della Difesa, «è stato sconfitto, anche se dovremo mantenere l'addestramento in quel Paese perchè il pericolo terrorismo continuerà». Complessivamente il numero dei militari italiani impegnati all'estero rimarrà sui livelli attuali, cioè 7mila uomini. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero