Foa, parla il presidente Rai: «Meno politica e più meritocrazia. Nomine da decidere»

Esausto ma contento», così si definisce Marcello Foa. Ora, dopo il lungo tira e molla, è presidente della Rai. Eletto con 27 voti su 40. Con il Pd che grida...

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Esausto ma contento», così si definisce Marcello Foa. Ora, dopo il lungo tira e molla, è presidente della Rai. Eletto con 27 voti su 40. Con il Pd che grida allo scandalo e una strana alleanza M5S-Lega-Forza Italia che ha determinato questa elezione. Oggi Foa guiderà da presidente il Cda di Viale Mazzini, previsto per le 14. Che sarà non quello delle nomine dei direttori di tiggì e reti, a parte la decisione dell'interim di pochi giorni per la guida della TgR. Per il resto, i bocconi grossi del potere televisivo giallo-verde verranno spartiti tra mercoledì prossimo e i giorni immediatamente successivi.


Presidente Foa, ci saranno sorprese, oppure lo schema è: Tg1 a Matano o a Di Mare (cioè ai 5 Stelle), il 2 a Sangiuliano (Lega) e il 3 a Mazzà (uscente)?
«Guardi, di nomi non si è ancora parlato. O almeno, io non ne ho avuto notizia. La situazione mi sembra più fluida di quello che dicono i giornali».

La lista della spartizione Salvini-Di Maio balla anche per le reti di cui si dice: Ciannamea a Rai1, Ammirati a Rai2 e Coletta a Rai3?
«E' un argomento di cui non mi sono occupato proprio. Me ne occuperò perché rientra nei compiti del consiglio, ma so bene che è l'amministratore delegato, Fabrizio Salini, che per legge deve proporre i nomi per le varie caselle. Io posso solo assicurare che la meritocrazia è la mia bussola e non guardo alle casacche politiche».

Temeva di non superare la «deposizione», come l'ha chiamata lei, in commissione di Vigilanza? Poi si è corretto...
«Ho superato l'audizione ma immaginavo che le mie buone ragioni e il racconto di chi sono e di che cosa ho fatto nella mia vita professionale, sempre improntata al pluralismo, all'indipendenza dalla politica e alla buona informazione dai tempi del Giornale di Montanelli a quelli del gruppo Corriere del Ticino dove ho portato Ferruccio De Bortoli come collaboratore prestigioso, avrebbero trovato un positivo ascolto nella commissione parlamentare».

Con l'amministratore delegato Salini che rapporto avete: affiatati o no?
«Sono molto felice di collaborare con lui. Non lo conoscevo prima, ma in questi mesi l'ho potuto apprezzare come persona seria, equilibrata e competente. E come me non ha un background politico, questo ci unisce molto. La nostra sarà una Rai poco politica e molto professionale e di prodotto».

Ma in Vigilanza tanti hanno insistito sul contrario: nomina politica e tanti retweet di messaggi politicissimi.
«Ho detto che una cosa è ritwittare messaggi di altri, che non significa aderirvi, e un'altra è scrivere e parlare in prima persona. E ho anche detto che in nessun modo volevo offendere il presidente della Repubblica, ritwittando un messaggio che parlava di lui».

Quale sarà la sua vera sfida dalla plancia di comando di Viale Mazzini?
«Sarà quella sul web».

La Rai da questo punto di vista è all'anno zero?

«Il web è fondamentale e la Rai sta indietro su questo terreno. La missione più importante in assoluto che mi pongo è quella di far recuperare questo gap all'azienda. Negli Stati Uniti, se cerchi una notizia sui motori di ricerca è la Cnn o un'altra grande emittente la prima in cui incappi. In altri Paesi, penso alla Francia ma non solo, è la televisione pubblica quella che, se clicchi in rete alla ricerca di qualcosa, ti fornisce l'informazione che cresci. Qui in Italia, con la Rai, non è così. Questo deve cambiare. Salini e io, in proposito, abbiamo la stessa sensibilità e ci impegneremo in questa grande sfida».
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Il Messaggero