Mafia Capitale/Ma quella ferita vale più di venti milioni

Mafia Capitale/Ma quella ferita vale più di venti milioni
La richiesta di risarcimento danni, che la Corte dei conti ha avanzato nei confronti degli amministratori coinvolti nell’inchiesta di Mafia Capitale, costituisce una...

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La richiesta di risarcimento danni, che la Corte dei conti ha avanzato nei confronti degli amministratori coinvolti nell’inchiesta di Mafia Capitale, costituisce una novità importante e meritoria. Essa infatti tende ad affermare il principio che, al di là delle eventuali colpe penali e dei danni direttamente cagionati da un comportamento infedele, esistono delle lesioni di interessi collettivi di cui gli autori sopportano la responsabilità contabile: in altre parole, il dovere di pagare di tasca propria.


L’unica difficoltà, in questa evoluzione interpretativa, consiste nella quantificazione del dovuto. Nel diritto civile, ad esempio nell’ambito della circolazione stradale, dopo anni di dibattiti si è giunti ad alcune certezze: il danno emergente, il lucro cessante, il danno biologico, il danno di relazione ed altro. Si è infatti capito che se una persona perde una gamba a seguito di un investimento, l’indennizzo deve riguardare la compromissione non solo dell’attività motoria, ma anche di quelle indirettamente connesse a una normale deambulazione. Il danno cosiddetto biologico costituisce quindi una valvola di chiusura a tutela di chi, per colpa altrui, sia costretto a cambiar vita.
In attesa dell’esito di questa vicenda, emerge invece la sproporzione tra il “quantum” e il “petitum”, cioè tra il danno effettivamente cagionato e la somma chiesta come riparazione.

Se infatti, come par di capire, il danno biologico tocca tutta la cittadinanza romana in termini di disservizi nei trasporti, trascuratezza nell’igiene, dispersione di risorse comuni e, non ultimo, il totale discredito dell’amministrazione, è evidente che l’ammontare richiesto, di per sé abbastanza esiguo, è del tutto insufficiente a riparare la dolorosa lacerazione provocata – sempre che la accuse vengano provate – all’intero contesto sociale.


Detto questo, bisogna ammettere che la Corte dei Conti non poteva fare di più. Ha attivato un processo nuovo e virtuoso, che non indennizzerà i danneggiati, non intimidirà i potenziali corrotti, ma almeno dimostra una sensibilità inconsueta nella tutela degli interessi collettivi. L’unico rammarico è che, ancora una volta, questa lezione salutare venga dalla Magistratura. Noi vorremmo, credo tutti vorrebbero, che fosse la stessa politica a riparare i danni di una legislazione ingarbugliata e dalla conseguente gestione arbitraria e incontrollata della cosa pubblica. E invece, ancora una volta, la politica sembra stare a guardare.

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Il Messaggero