M5S, Di Maio promette verifiche sugli stipendi dei suoi parlamentari. A liste chiuse

Stipendi dimezzati a parole
Sul caso rimborsi «sarà verificato fino all'ultimo centesimo». Il candidato premier del M5S, Luigi Di Maio, a Potenza, a margine di un'iniziativa...

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Sul caso rimborsi «sarà verificato fino all'ultimo centesimo». Il candidato premier del M5S, Luigi Di Maio, a Potenza, a margine di un'iniziativa elettorale, promette controlli serrati sugli stipendi dei suoi parlamentari. Perciò, ammette indirettamente, che i controlli per cinque anni sono stati assai blandi e vengono minacciati solo ora che le Iene (trasmissione Mediaset) ha scoperto il giochetto dei bonifici fatti solo a parole e le liste sono chiuse e quindi Cecconi e Martelli verranno rieletti in quanto capilista anche se pizzicati a non versare la loro quota parte di stipendio.


Di Maio però dice che «è ridicolo che si parli di caso quando il vero caso è che c'è un'unica forza politica in Italia che taglia gli stipendi ai propri parlamentari e li investe in forme di lavoro per chi non ha lavoro».


E però quei tagli promessi non sono la metà esatta dello stipendio come promesso solennemente dai pentastellati che comunque hanno la possibilità di integrare gli emolumenti con i rimborsi. Sul sito dove i parlamentari M5S rendicontano i soldi che percepiscono chiunque può verificare che ci sono rimborsi anche di 10 mila euro.
Ma per Di Maio il messaggio da dare oggi è: comunque da qualche parte abbiamo tagliato.

«Abbiamo restituito 23 milioni di euro di nostri stipendi che hanno fatto nascere settemila imprese in Italia che danno lavoro a 14mila italiani: c'è chi dice che sono 23,4 e chi dice che sono 23,2: fino all'ultimo centesimo sarà verificato»: dice appunto il candidato premier del Movimento cinque stelle da Potenza. «Ricordiamoci che il Movimento cinque stelle - ha proseguito Di Maio - è orgoglioso di aver restituito agli italiani 23 milioni di euro di stipendi». Sicuramente Di Maio è meno orgoglioso che sia venuta a galla la storia dei bonifici che dovevano dimostrare a parole il taglio degli stipendi e quindi prima prenotati in banca e pubblicati, e poi furbescamente cancellati (con cancellazione non pubblicata, of course).  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero