Dalla tesi dell'incidente domestico fino al dito puntato contro il suocero, vero colpevole dell'uccisione del piccolo Loris. In quasi due anni dalla morte di suo figlio...
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«Voglio essere punita, ma per quello che ho commesso. Se ci sono responsabilità mie pagherò, ma con me deve pagare l'autore materiale del delitto, mio suocero» ha detto Veronica nelle sue ultime dichiarazioni spontanee, ribadendo la tesi che sarebbe stato il suocero a uccidere il piccolo per impedire che rivelasse l'asserita relazione tra i due. In particolare, ora la donna sostiene che il suocero era in casa con lei e che su suo ordine avrebbe legato le mani al bambino con delle fascette. Poi lei sarebbe uscita dalla stanza per rispondere a una telefonata. Al ritorno avrebbe trovato il figlio morto, strangolato dal suocero con un cavo usb grigio. Poi il corpo avvolto in un plaid sarebbe stato caricato in auto e portato nel canalone di contrada Mulino Vecchio. Ma secondo le indagini di polizia e carabinieri Andrea Stival non era nella casa di Veronica Panarello. Dopo aver incolpato il suocero, la donna viene giudicata capace di intendere e di partecipare al processo dai periti incaricati dal Gup di Ragusa, Andrea Reale. Fino ad allora Panarello aveva sempre negato con forza di aver ucciso suo figlio ma ha spesso cambiato versione su cosa è accaduto quel maledetto 29 novembre 2014. Dopo aver per mesi sostenuto di aver accompagnato il figlio a scuola, nonostante le decine di telecamere dislocate in paese non avessero registrato alcunché, da Veronica Panarello è arrivata un'altra verità. »Quella mattina il bambino io non l'ho accompagnato a scuola ma non l'ho ammazzato io. Ho un buco, mi ricordo solo questo non ti basta? Ora stammi vicino...«, racconta al marito Davide Stival in un colloquio nel carcere di Agrigento.
Piano piano però vengono fuori altri pezzi di ricordi fino ad arrivare all»'incidente«. »Si è strangolato mentre stava giocando in casa, da solo, con delle fascette elettriche«, dice Panarello ai magistrati. Al momento della tragedia lei non c'era perché stava accompagnando a scuola il figlio più piccolo. Al ritorno a casa la tragica scoperta: a terra il corpo senza vita di Loris . Tenta invano di salvarlo, poi, convinta che nessuno le avrebbe mai creduto, scatta il panico. Da sola e senza alcun complice, decide di portare il corpo del piccolo nel canalone di contrada 'Mulino Vecchiò e buttato lo zainetto sulla strada verso Donnafugata. Fu lei quel sabato mattina a dare l'allarme della scomparsa del bambino, in terza elementare all'istituto 'Falcone e Borsellinò. Da subito però fornisce diverse versioni degli ultimi spostamenti con il figlio e i 'buchi nerì non convincono gli investigatori. Verso le cinque del pomeriggio ogni speranza finisce: il corpo del bambino viene ritrovato in un canalone di scolo. È senza slip e con i pantaloni slacciati. Anche se da un primo esame autoptico, sembra non avere subito abusi sessuali. La morte, secondo l'autopsia, è avvenuta per strangolamento con una fascetta di plastica. A fare ritrovare il corpicino è Orazio Fidone, 65 anni, ex impiegato dell'Enel e cacciatore per passione che come »atto dovuto« viene iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di sequestro di persona e omicidio volontario.
La versione della madre inizia a scricchiolare sempre di più con il passare dei giorni.
Il Messaggero