Parte ufficialmente la missione italiana in Libia: il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a quella che il premier Paolo Gentiloni ha più volte definito...
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Davanti a Tripoli e a Misurata, almeno in una prima fase, saranno inviate non più di un paio di navi, una fregata Fremm e un pattugliatore con relativi elicotteri imbarcati, droni, uomini del battaglione San Marco e del Comsubin. Un dispositivo dunque ridotto rispetto alle cinque navi ipotizzate in un primo momento. Non ci sarà un «enorme invio di grandi flotte e squadriglie aeree», conferma in sala stampa dopo il Cdm il premier, ribadendo che l'iniziativa italiana «non è contro ma vuole rafforzare la sovranità libica». Parole rivolte più a Tripoli che all'opinione pubblica italiana, per stoppare le fibrillazioni tra le varie tribù che avevano costretto Sarraj a frenare la sua ampia richiesta di supporto. Dietro il via libera del Cdm c'è stato dunque un lungo lavoro diplomatico e politico tra le due sponde del Mediterraneo, per rassicurare Tripoli e chiarire definitivamente quella che fonti di governo definiscono «un'incomprensione»: in Libia qualcuno ha voluto leggere come una sorta di "invasione" da parte dell'Italia quella che fin dall'inizio Gentiloni e Sarraj hanno invece definito una missione di supporto.
Le diverse tribù hanno dunque fatto pressioni su Sarraj affinché prendesse una posizione netta. Il risultato è la nota diffusa nella serata di giovedì dello stesso premier libico nella quale si ribadiva che la «sovranità nazionale è una linea rossa» che non doveva essere oltrepassata. Il lavoro diplomatico ha dato i suoi frutti senza che fosse necessario, a quanto si apprende, un contatto diretto tra i due premier: Tripoli ha successivamente diffuso una nota in cui ribadisce e conferma la richiesta all'Italia di un «sostegno tecnico, logistico e operativo, per aiutare la Libia nella lotta al traffico di esseri umani e salvare la vita dei migranti». Sforzi che possono «prevedere anche la presenza di navi italiane nel porto di Tripoli, solo per questa ragione e in caso di necessità».
Perché «non si accetterebbe nessuna interferenza di questo genere senza un'autorizzazione preventiva e con un coordinamento con le autorità libiche all'interno del territorio e delle acque territoriali libiche».
Il Messaggero