Libertà religiosa nel mondo in picchiata, pubblicato il Rapporto 2016 dell'Aiuto alla Chiesa che soffre

Libertà religiosa nel mondo in picchiata, pubblicato il Rapporto 2016 dell'Aiuto alla Chiesa che soffre
Città del Vaticano - La libertà religiosa nel mondo è sempre più instabile, precaria e si va configurando come un diritto fragilissimo. Lo ha misurato...

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Città del Vaticano - La libertà religiosa nel mondo è sempre più instabile, precaria e si va configurando come un diritto fragilissimo. Lo ha misurato il Rapporto 2016 dell'Aiuto alla Chiesa che soffre, una organizzazione internazionale cattolica con sede in Germania, fondata da padre Van Straaten nell'immediato dopoguerra per soccorrere i profughi e i rifugiati.


L'osservatorio che raccoglie i dati e fotografa di anno in anno la situazione in tutti i Paesi del mondo ha rilevato di come la libertà religiosa sia ulteriormente diminuita in 11 dei 23 Paesi responsabili delle maggiori violazioni. In alcuni casi i problemi relativi alla libertà religiosa erano tanto gravi da non poter peggiorare ulteriormente. Alla base di questo fenomeno è attiva una forma estremista e virulenta di Islam, la principale fonte di persecuzione verso le minoranze. Delle 11 nazioni in cui si verificano peggiori esempi, nove sono sotto pressione da parte di gruppi islamisti (Bangladesh, Indonesia, Kenya, Libia, Niger, Pakistan, Sudan, Tanzania e Yemen).


Degli 11 Paesi con consistenti livelli di persecuzione, sette comprendono sia aggressioni da parte di attori non statali che l’oppressione favorita dallo Stato (Afghanistan, Arabia Saudita, Iraq, Nigeria, Somalia, Siria e Territori Palestinesi). Naturalmente questo è causa di altri fenomeni globali di portata epocale come le migrazioni forzate, le fuge di intere popolazioni per sottrarsi al terrore. L’estremismo islamico e l’iper-estremismo, osservati in Paesi quali Afghanistan, Somalia e Siria, rappresentano un fattore chiave del massiccio aumento del numero di rifugiati nel mondo che nel 2015, secondo dati forniti dalle Nazioni Unite, sono aumentati di circa 5,8 milioni giungendo alla quota record di 65,3 milioni. Il Rapporto mette in luce i crimini ai danni di cristiani, yazidi ed altre minoranze in Iraq e Siria, appoggiando la lettura di coloro che vedono in queste persecuzioni i contorni giuridici di un genocidio. Una lettura che però non corrisponde con quella della diplomazia della Santa Sede e di Papa Bergoglio che, pur riconoscendo le persecuzioni in atto, evitano di avvalorare il termine “genocidio” dato che i massacri e le violenze brutali riguardano anche gli stessi musulmani moderati. 

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Il Messaggero