Legge elettorale, Parrini: «Il vantaggio del Rosatellum? Col 38% si hanno i seggi per governare»

Dario Parrini, deputato Pd ed esperto di leggi elettorali
Dario Parrini è deputato del Pd e segretario regionale della Toscana. E’ stato anche sindaco di Vinci, dove nacque Leonardo. Forse per questo gli piacciono gli...

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Dario Parrini è deputato del Pd e segretario regionale della Toscana. E’ stato anche sindaco di Vinci, dove nacque Leonardo. Forse per questo gli piacciono gli argomenti complicati e con qualche venatura ingegneristica come quello delle leggi elettorali. Si diverte a studiare quelle in vigore in tutto il mondo e in Parlamento è fra i pochi deputati che sanno quello che dicono su questo argomento. Gli abbiamo chiesto un giudizio da esperto sul Rosatellum.

 
Onorevole Parrini, quali sono pregi e difetti della nuova legge?
«I pregi maggiori, rispetto al Consultellum attualmente vigente, sono due: migliora la rappresentatività reintroducendo i collegi uninominali e quindi uno stretto rapporto tra eletti e elettori; gli elettori sanno per chi votano perché i nomi dei candidati saranno sulle schede; garantisce un apprezzabile tasso di disproporzionalità nella conversione dei voti in seggi anche se la coalizione vincitrice sta sotto il 40% dei suffragi. Inoltre l'assenza dello scorporo è un notevole elemento di trasparenza. Per tutti questi motivi la legge Rosato è un passo avanti: favorisce la governabilità più del Consultellum, pur non potendola assicurare, ma va detto che nessuna legge a turno unico col tripolarismo può dare questa certezza»
 
E i difetti?
«Se avessimo potuto prescindere da un accordo con gli altri partiti della maggioranza e con buona parte delle opposizioni, ma realisticamente non potevamo farlo, avremmo previsto una quota maggioritaria del 75% e non del 37%».  
 
La legge Rosato è incostituzionale?
«Non c'è un solo punto della legge Rosato che contrasti con le due sentenze con cui la Consulta ha dichiarato illegittimi il Porcellum prima e l'Italicum poi. La disproporzionalità non deriva da un premio di maggioranza. E le liste bloccate corte visibili sulla scheda elettorale sono state dichiarate legittime da una delle due suddette sentenze, quella del 2014, che faceva un riferimento esplicito in tal senso, alludendo, nemmeno tanto velatamente, alle leggi elettorali spagnola, portoghese, tedesca».
 
Non era meglio il modello simil-tedesco messo in cantiere di prima dell'estate?
«Assolutamente no. I collegi uninominali della legge Rosato sono maggioritari. Quelli del tedesco erano proporzionali. Inoltre nel simil-tedesco i due canali del sistema (collegi e liste) erano comunicanti, il che creava incertezze, asimmetrie e opacità di funzionamento. Difetti che con i canali separati del Rosatellum non esistono. Infine la quota maggioritaria della legge Rosato incentiva la formazione di coalizioni omogenee, cosa che il simil-tedesco non faceva, e consente, qualsiasi sia la percentuale di voti raccolta dal partito o dalla coalizione vincitrice, una disproporzionalità significativa, cosa impossibile con il simil-tedesco».
 
Quel modello consentiva alla sinistra di spaccare il centro-destra. Ora invece....
«Conta di più la presenza dei collegi uninominali, e il fatto di avere norme coerenti per Camera e Senato».
 
È vero che con il 37/38% dei voti una coalizione potrebbe arrivare alla maggioranza?
«Col 38% probabilmente sì. Certamente la sfiorerebbe. Sopra il 40% la supererebbe di sicuro. E questo smentisce chi dice che il Consultellum, col suo premio di maggioranza che appunto scatta alla Camera solo se chi vince raggiunge il 40% dei voti, darebbe ciò che la legge Rosato non dà».
  
Da esperto del ramo, come bisognerebbe sfruttare la nuova legge per vincere le elezioni?
«Costruendo coalizioni credibili come soggetti di governo, e schierando nei collegi uninominali candidati radicati e autorevoli, che possono fare la differenza assai più di quanto avveniva 15-20 anni fa nei collegi uninominali del Mattarellum. Perché oggi, nelle competizioni elettorali, in quelle nazionali come in quelle locali, il peso della capacità attrattiva delle persone in campo è aumentato. Mentre quello dei simboli di partito si è ridotto».
 
Non crede che cambiare legge elettorale così spesso e averne di diverse fra comunali, regionali e nazionali allontani ancora di più le persone dalla politica?

«Se le leggi in questione sono condivise da ampie maggioranze e sono basate su meccanismi chiari, no». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero