La stampa si ribella alle accuse di Trump e il Senato la sostiene all'unanimità

La stampa si ribella alle accuse di Trump e il Senato la sostiene all'unanimità
NEW YORK – Una volta era Stalin che usava l’etichetta: “i nemici del popolo”. Oggi l’invettiva è stata ripescata da Donald Trump per bollare i...

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NEW YORK – Una volta era Stalin che usava l’etichetta: “i nemici del popolo”. Oggi l’invettiva è stata ripescata da Donald Trump per bollare i membri della stampa. Il presidente degli Stati Uniti è convinto che i giornalisti gli siano nemici e sostiene che nei loro reportage raccontano “fake news”. Per mesi e mesi, la stampa americana e il pubblico hanno tollerato le accuse. Ma ora c’è stata una ribellione di massa. Una ribellione simbolica, ma non per questo meno significativa: 350 giornali si sono alleati per uscire tutti nella stessa giornata del 16 agosto con fondi che condannavano il presidente per i toni minatori che usa sempre più spesso: «Ilsuo è un messaggio pericoloso – ha spiegato il giornalista Alex Kingsbury, del Boston Globe, il quotidiano che ha lanciato l’idea della protesta di massa -. Noi siamo stati un modello di libertà, ma ora mandiamo un messaggio che dice a tutti i despoti del mondo che possono trattare i giornalisti come nemici».  


Trump non ha reagito bene: in una serie di tweet ha ribadito la sua convinzione che i giornali siano “il partito di opposizione”, e li ha accusati di “collusione”. Per una volta però le sue parole hanno causato una reazione perfino in Campidoglio, dove l’intero Senato ha votato all’unanimità una risoluzione di difesa della stampa.

La risoluzione non è una legge, ma un’affermazione di principio. L’ha presentata il senatore democratico Brian Schatz, ed è molto netta: «Il Senato afferma che la stampa non è il nemico del popolo, riconferma il ruolo vitale e indispensabile che la stampa libera gioca nell’informare l’elettorato, nello scoprire la verità, nell’agire come controllo sul potere del governo, nell’avanzare il dibattito nazionale e le più amate e basilari norme democratiche e della libertà degli Stati Uniti». Il documento continua condannando «gli attacchi contro le istituzioni della libera stampa», e definisce «gli sforzi di minare sistematicamente la credibilità della stampa» come «un attacco alle istituzioni democratiche degli Stati Uniti».

La protesta dei giornali non è stata omogenea e tutta uguale. Ci sono stati quotidiani di destra, come il New York Post, che si sono uniti nel difendere il ruolo dei giornalisti, ma ce ne sono stati di liberal, come il Los Angeles Times, che invece si sono defilati. Il quotidiano californiano ha riconosciuto che le denunce che Trump lancia contro i giornalisti sono gravi, anche alla luce del fatto che recentemente alcune stazioni Tv hanno dovuto proteggere i loro inviati con guardie del corpo, visto che alcuni sostenitori facinorosi del presidente sono sembrati vicini a ricorrere alle maniere forti. Tuttavia il Los Angeles Times ha trovato che unirsi in massa in una protesta contro Trump sarebbe stata una mossa strategicamente sbagliata perché avrebbe potuto dare proprio l’impressione «di una omogeneità illiberale».

E’ anche vero però che tutti i giornali che hanno partecipato, hanno pubblicato opinioni dissenzienti: «Questo è il principio della democrazia – ha aggiunto Kingsbury, del Boston Globe -: dare spazio anche a opinioni diverse».

                                                                                                                                                                                             

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Il Messaggero