ROMA L'ultima volta che Youssef Zaghba è passato in Italia è stato a gennaio scorso. E come era già avvenuto per le altre tre volte, gli uomini della...
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Le forze dell'ordine non lo mollano. Controllano il suo cellulare, e trovano sermoni e video sull'Isis. Perquisiscono l'abitazione e prendono anche un computer. La mamma Valeria Collina, da 26 anni di fede musulmana dopo aver sposato il padre di Zaghba, sapeva che il figlio sarebbe andato a Roma e non in Siria. Lo racconta alla polizia e ai magistrati, ai quali spiega anche il perché del suo ritorno in Italia: il marito ha deciso di sposare un'altra donna, molto più giovane. Lei non ha accettato e lui l'ha ripudiata. Youssef - dice - si fa vedere di rado, le mostra strani video su Internet, ma non sembra coinvolto a tal punto da fare sospettare quello che sarebbe accaduto.
ACCUSE DEBOLI
Intanto le accuse nei suoi confronti si indeboliscono. Il fermo richiesto dalla polizia non viene convalidato e il Tribunale del riesame di Bologna decide di riconsegnargli cellulare e pc senza che il contenuto venga controllato prima dagli investigatori. A quel punto Zaghba è un uomo libero, è prosciolto dalle accuse, anche se per la procura resta un indagato per il reato di arruolamento con finalità di terrorismo, previsto dall'articolo 270 quater del Codice penale. I suoi dati vengono inseriti nel Sis (Sistema informativo Schengen, database per la condivisione delle informazioni di polizia). I nostri 007 avvertono i colleghi inglesi e marocchini sul personaggio dal profilo sospetto. Uno scambio di informazioni che avviene di continuo tra Stati amici. Anche se ieri l'Inghilterra ha negato di aver ricevuto segnalazioni dall'Italia. Ma la dichiarazione sembra contrastare con quanto avvenuto a gennaio 2017. Youssef sta rientrando a Londra da Bologna e viene fermato dagli agenti britannici all'aeroporto di Stansted: interrogano regolarmente il Sis, dal quale risulta chiaro il suo status di sottoposto a vigilanza dall'Italia.
LE SEGNALAZIONI
La conferma dell'iter seguito arriva anche dal procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, che spiega: «Zaghba è stato segnalato a Londra come possibile sospetto. In un anno e mezzo, è venuto pochissime volte in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista, era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento». Stessa conferma arriva dal procuratore nazionale Antiterrorismo Franco Roberti: «È stato a suo tempo segnalato all'intelligence inglese», afferma.
Quel che è certo è che dopo il fermo di marzo 2016, ogni volta che Youssef è tornato in Italia è stato monitorato. Sono state almeno tre le volte che il giovane è rientrato, per un periodo di non più di dieci giorni, mentre un volta, precedente al fermo, sarebbe rimasto per circa un mese. Nei suoi periodi in Italia non avrebbe frequentato ambienti radicali o soggetti ritenuti pericolosi, non andando oltre la visione di qualche sito di propaganda jihadista. In ogni caso, intelligence e antiterrorismo rianalizzeranno gli elementi a disposizione e ne acquisiranno ulteriori, compresi i tabulati e le celle telefoniche, per nuovi accertamenti sui contatti, sui suoi spostamenti e sui suoi incontri. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero