L'augurio del cardinale Parolin a Virgina Raggi? Più che un endorsement, una risposta a una domanda a bruciapelo

L'augurio del cardinale Parolin a Virgina Raggi? Più che un endorsement, una risposta a una domanda a bruciapelo
CITTA' DEL VATICANO - Non si tratta di un endorsement, ma di una risposta sollecitata da una domanda a bruciapelo. “Cardinale Parolin, lei che oggi tiene a battesimo il...

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CITTA' DEL VATICANO - Non si tratta di un endorsement, ma di una risposta sollecitata da una domanda a bruciapelo. “Cardinale Parolin, lei che oggi tiene a battesimo il primo magazine femminile dell’Osservatore Romano, una apertura di credito verso le donne, che ne pensa della candidatura di Virginia Raggi?” Il segretario di Stato vaticano preso un po’ alla sprovvista, chiede lì per lì chi sia la Raggi. “La candidata a Sindaco di Roma..” Parolin allora sorride sornione, ci pensa un po’ e chiosa: “La Raggi? Le auguro ogni successo”. La cronista però non molla e torna alla carica, chiedendo se il successo da lui auspicato alla Raggi sia da intendere come la vittoria alle elezioni. Parolin, a questo punto, fa per andarsene ma prima precisa: “Le auguro di diventare quello che vuole”. Al termine della presentazione del magazine, uscendo dal palazzo vaticano, il cardinale fa capire ai giornalisti che in politica non vuole entrare, l’argomento è troppo delicato e scivoloso. E poi la nuova linea di Papa Francesco in materia è stata piuttosto chiara. Spetta ai laici parlare, esprimere le proprie opinioni, farsi sentire in questo campo, senza avere bisogno dell’endorsement da parte del vescovo-pilota.


Papa Bergoglio due anni fa ha illustrato ai vescovi molto bene la sua visione, utilizzando proprio questa espressione (vescovo-pilota). Fu un articolato e lungo discorso al convegno generale della Cei, a Firenze.  Il tempo in cui avvenivano le consultazioni al di là del Tevere si poteva considerare terminato, archiviato d’un colpo solo. Il metodo Ruini non avrebbe più funzionato come prima.  E così si sono diradati i pranzi o gli incontri segreti, dietro le quinte, da parte di leader di partito, con questo o quel cardinale, in Segreteria di Stato o nel Palazzo Apostolico, per scambi sulla situazione politica e l’orizzonte comune. Francesco, due mesi fa, tornando da un viaggio disse che “Il Papa deve essere di tutti e quindi non deve immischiarsi in politica”. Insomma, spazio ai laici che però, dopo decenni di “vescovi-pilota”, ancora faticano a prendere in mano le redini della situazione. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero