Kazakistan, hostess nude per la pubblicità: alle accuse di sessismo la compagnia aerea risponde spogliando i piloti

Se l'idea di partenza era “bene o male, l'importante è che se ne parli”, la compagnia aerea Chocotravel ha centrato in pieno il risultato, mettendo...

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Se l'idea di partenza era “bene o male, l'importante è che se ne parli”, la compagnia aerea Chocotravel ha centrato in pieno il risultato, mettendo letteralmente a nudo le proprie dipendenti e creando un dibattito sul web sull'opportunità della campagna pubblicitaria.

 

Due giorni fa la compagnia low cost del Kazakistan ha pubblicato su Youtube una pubblicità in cui le hostess vengono presentate senza veli: il video inizia con un primo piano di due giovani e ammiccanti assistenti di volo mentre propongono le offerte della Chocotravel. Ma è solo quando l'immagine si allarga e inquadra altre cinque donne che si comprende il perché della necessità di togliersi il cappello: tutte e sette le hostess sono nude, con il seno coperto da un banner e le parti intime nascoste dietro il cappello.
 

La pubblicità ha scatenato l'ira di diversi utenti che hanno immediatamente tacciato la pubblicità di essere sessista e degradante per l'universo femminile. Per tirarsi fuori dalla bufera, la compagnia è corsa immediatamente ai ripari proponendo la versione maschile della campagna: questa volta sono sette piloti di volo con colletto e cravatta a usare i loro cappelli per coprire le parti intime (qui il video). 

L'ad della Chocotravel, Nikolay Mazentsev, è intervenuto su Facebook chiarendo che le immagini non volevano offendere nessuno: «Il sessismo non c'entra, abbiamo usato sia uomini che donne. Viene mostrato esattamente quello che si può vedere in qualsiasi spiaggia o in qualunque piscina». Ma i più critici sono tornati a colpire chiedendo le scuse da parte della compagnia e sottolineando che non si tratta di immagini scandalose, ma volgari. Una turbolenza che, tuttavia, ha portato alla Chocotravel parecchia visibilità: il video su Youtube è stato visto oltre 260 mila volte e, nonostante tutto, ha ricevuto più di 800 like.   Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero