Nuovo re, vecchie tradizioni. Mousa bin Saeed Ali al-Zahrani, insegnante, è stato decapitato pubblicamente a Jedda, in Arabia Saudita. Questa è la prima esecuzione pubblica...
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Al-Zahrani si è sempre dichiarato innocente, ritenendosi vittima di un processo farsa e facendo appello all'allora re Abdullah affinché concedesse la grazia. Le autorità saudite avrebbero promesso di compiere ulteriori indagini e ritrattare il caso con maggiore attenzione. Alla morte del re, però, la famiglia di al-Zahrani ha ricevuto la notizia che l'insegnante sarebbe stato decapitato il lunedì 26 Gennaio.
Nell'aprile del 2014 al-Zahrani ha pubblicato un video su youtube dichiarando la propria innocenza e chiedendo alle autorità di rivedere il verdetto: «Giuro su Dio che né la mia reliogione, né la mia educazione, né l'età, né la conoscenza, mi avrebbero permesso di pensare o di commettere atti del genere, che possono provenire solo da menti perverse e malate» ha detto l'insegnante, che era padre di sei figli. «Nego con forza tutte le accuse che mi sono state fatte. È una mistificazione della realtà. Le accuse che mi vengono fatte non sono accettabili nella nostra religione. Sono state manipolate con malizia».
A denunciare l'insegnante è stato uno dei genitori delle presunte vittime, che potrebbe aver agito in via del tutto pregiudiziale.
Dall'inizio del 2015, in Arabia Saudita, sono già sedici le condanne a morte eseguite tramite decapitazione, mentre nel 2014 sono state ottantasette, di cui settantadue solo nei mesi di Luglio e Agosto. L'Arabia Saudita, che fa parte dell'Onu, ha sempre evitato di sottoscrivere la moratoria sulle esecuzioni, ritenendole adatte a mantenere la sicurezza e a garantire giustizia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero