Aveva raccontato le atrocità che i militanti dello Stato islamico compivano a Raqqa, in Siria. Per questo Raqia Hassan, giornalista 30enne accusata di spionaggio, è...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
“Avanti tagliateci internet, i nostri piccioni viaggiatori non se ne lamenteranno”, aveva scritto lo scorso 21 luglio, ironizzando sulla guerra al wi-fi dichiarata dal Califfato nella sua città. E ancora, “Sono a Raqqa e ho ricevuto minacce di morte, ma quando l’Isis mi arresterà e ucciderà sarà tutto ok, perché mi taglieranno la testa e io manterrò la mia dignità”. Parole dure, che hanno fatto indispettire i leader di Daesh che l’avevano resa prigioniera e che non le hanno risparmiato la vita. La sua famiglia è stata informata della morte della giornalista solo tre giorni fa.
Raqia Hassan aveva studiato all’università di Aleppo, ma quando i terroristi islamici si era impadroniti della sua città natale non aveva voluto abbandonare i suoi cari. Da allora, aveva continuato a scrivere, denunciando, soprattutto sui social network dove utilizzava lo pseudonimo di Nissan Ibrahim, le condizioni dei civili a Raqqa, torturati e violentati dai jihadisti, ma anche raccontando i continui bombardamenti della coalizione internazionale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero