Isis, i terroristi si appellano ai diritti umani per vivere in Europa

Isis, i terroristi si appellano ai diritti umani per vivere in Europa
Si è appellato alle leggi occidentali, quello stesso Occidente che combatte tutti i giorni dall'interno. Un terrorista di al Qaeda, sospettato di essere strettamente...

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Si è appellato alle leggi occidentali, quello stesso Occidente che combatte tutti i giorni dall'interno. Un terrorista di al Qaeda, sospettato di essere strettamente collegato allo "jihadista John", vive a Londra, dopo essersi appellato allo Human Right Act per scongiurare l'espulsione.


L'uomo, che per motivi giuridici può essere identificato solo come J1, ha stretti legami non solo con Mohammed Emwazi ma anche con una serie di altri jihadisti, tra cui alcune persone coinvolte nei falliti attentati alla metropolitana della capitale britannica il 21 luglio 2005, e due terroristi di al-Qaeda, Mohammed Sakr e Bilal Berjawi, uccisi in alcuni attacchi con droni statunitensi in Somalia.



I documenti legali, venuti in possesso del quotidiano inglese The Telegraph, rivelano che il sospettato, originario dell'Etiopia, ha resistito all'espulsione pur essendo un membro di spicco di al-Shabaab, una cellula affiliata ad al-Qaeda con sede in Somalia responsabile di una lunga serie di attacchi terroristici.



Il caso di J1 ha rafforzato la voce di chi sostiene che la possibilità di appellarsi allo Human Right Act sia da rivedere: il Ministero degli Interni aveva ordinato l'allontanamento di J1 come una minaccia per la sicurezza nazionale già nel 2010, ma i suoi avvocati si erano fatti scudo con la legge sui diritti umani. Rimandare J1 in Etiopia, dove avrebbe dovuto affrontare una lunga detenzione e diverse torture, avrebbe rappresentato una violazione di quei diritti che sono un vanto per l'Occidente.



I documenti del tribunale coinvolgono non solo J1 ma anche un altro sospetto terrorista, conosciuto come CE, padre di due figli, nato in Iran, con una rete di contatti con terroristi che operavano nella zona ovest di Londra già nel 2011: tra questi c'erano Emwazi, J1 e almeno altri otto jihadisti compreso Bilal Berjawi. CE, allora, non poté essere espulso perché gli era stata concessa la cittadinanza italiana nel 2004 .

La mancata espulsione dell'etiope fa eco a un altro caso che vede come protagonista Baghdad Meziane, terrorista di al-Qaeda, che ha resistito con successo all'allontanamento dall'Inghilterra in Algeria nel 2009, sempre appellandosi alle legge sui diritti umani.



Nei giorni scorsi, il governo inglese è stato costretto ad ammettere che centinaia di estremisti non sono stati adeguatamente monitorati negli anni passati e che un certo numero di sospetti terroristi, alcuni dei quali si è scoperto essere ancora operanti nella zona ovest di Londra e in relazione con lo jihadista John, non sono stati sottoposti a ordini di restrizione.



The Henry Jackson Society, un organismo che si occupa di sicurezza e di intelligence , ha stimato che almeno 25 terroristi nati all'estero si sono appellati alle leggi sui diritti umani per impedire la loro espulsione. Oggi , gli 007 e Scotland Yard tengono sotto controllo 3mila potenziali terroristi in Gran Bretagna a rischio di diventare i nuovi “John”. Il numero di estremisti sulla lista nera della polizia britannica è aumentato parallelamente alla crescita dell'Isis: nel 2007, le persone monitorate erano 2.000. La priorità oggi, spiegano le fonti, sono i “lupi solitari”, più difficili da controllare perché non fanno parte di «reti terroristiche organizzate» . La dimensione della cellula del terrore e la quasi impossibilità di espellere jihadisti stranieri dimostra quanto sia difficile per il Ministero degli Interni e i servizi di sicurezza controllare le reti che operano nel Regno Unito. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero