La reazione del Califfo in ritirata, la jihad alle corde prepara altri blitz​: un “ministro” per i colpi all’estero

La reazione del Califfo in ritirata, la jihad alle corde prepara altri blitz : un “ministro” per i colpi all’estero
Più la guerra avanza, più Isis perde colpi, più la strategia dell’organizzazione cambia. È accaduto negli scorsi mesi e l’Aise e...

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Più la guerra avanza, più Isis perde colpi, più la strategia dell’organizzazione cambia. È accaduto negli scorsi mesi e l’Aise e l’antiterrorismo della Polizia di stato ne erano a conoscenza ben prima dell’attentato di Istanbul. Sapevano che l’organizzazione di al Baghdadi, finora divisa tra terrore e conflitto sul campo, punta ora soprattutto su quella che gli esperti chiamano la “guerra asimmetrica” contrapposta a quella “simmetrica” tradizionale.


IL “MINISTRO DEGLI ESTERI”
La prova raccolta da antiterrorismo e intelligence è in una mossa a sorpresa: Isis ha costituito un vero e proprio “dipartimento esteri” strutturato per organizzare e controllare attentati in giro per il mondo. A capo dell’organizzazione è stato posto un uomo di nazionalità francese che vive da tempo in Siria ma che ha ancora un’ottima rete relazionale in tutta Europa. L’attentato di Istanbul, ragionano gli analisti, ha tutte le caratteristiche di un’azione costituita con un copione preciso. Moltissime le similitudini con la strage all’aeroporto di Bruxelles dello scorso 22 marzo con comparabile numero di vittime (lì si fermarono a 32 morti ma con 300 feriti): qui i kamikaze sono tre, a Bruxelles erano due ma con un terzo uomo al fianco, allo scalo Ataturk sono arrivati in aeroporto in taxi come era già accaduto per Zavatem, prima di farsi esplodere hanno cominciato a sparare in modo da aumentare il numero dei morti. 

98 FOREIGN FIGHTERS
Quanto questa nuova strategia possa interessare direttamente l’Italia non è facile dire. Ieri, il ministro degli Interni Angelino Alfano, davanti al Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti ha ribadito che «non ci sono allarmi specifici». È vero però che il numero di foreign fighters “italiani” (dove per italiani si intende che hanno risieduto per un certo periodo nel nostro paese, anche se non ne hanno mai acquisito la cittadinanza) è salito a 98, mentre un anno fa si attestava tra le 50 e le 60 persone. Di questi, una ventina è sicuramente morta nel conflitto in Siria, degli altri si sa poco o nulla. Numeri bassi, se si pensa che stando al recente rapporto del Centro internazionale contro il terrorismo, in tutta Europa i combattenti sono 4.300, dei quali il 30% circa è in qualche modo rientrato nel proprio paese di “residenza” quasi sempre nei paesi del nord Europa. 

Ieri, Alfano ha parlato prudentemente di «ipotesi di matrice jihadista» a Istanbul. In realtà sono pochi a dubitare che a firmare la strage sia stato Daesh. Tra i tanti motivi che sembrano confermarlo il fatto che ieri, 29 giugno, cadesse l’anniversario della fondazione di Isis da parte di al Baghdadi, avvenuta il 29 giugno 2014 a Mosul. C’è poi un altro elemento a preoccupare gli apparati di sicurezza: Isis e Al Qaeda, che hanno avuto sempre rapporti altalenanti, ora avrebbero stretto una sorta di relazione di collaborazione che avrebbe portato Jhabat al Nusra, il braccio operativo di al Qaeda in Sira a collaborare con le truppe di Isis. Anche questa nuova alleanza potrebbe influire sul cambiamento di strategia che sposta forze dalla guerra sul campo a quella terrorista che ha reso Al Qaeda ferocemente nota nel mondo. 


Quel che accade tra Siria e Iraq però potrebbe finire per preoccupare l’Italia persino più degli attentati. Nella sua almeno parziale ritirata dalla Siria, Daesh si sta spostando verso l’Iraq e in particolare muove in direzione di Mosul. Proprio ai margini della città irachena c’è la diga la cui manutenzione è stata affidata alla ditta Trevi di Cesena. Per ora a difendere l’area, per l’Italia, ci sono 120 carabinieri che fanno parte di un presidio a cui partecipano anche gli americani. Ma se le truppe di Isis dovessero avanzare il quadro potrebbe diventare decisamente più complicato. 

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Il Messaggero