Legge elettorale, sì alle coalizioni, ma si va in ordine sparso

Legge elettorale, sì alle coalizioni, ma si va in ordine sparso
dal nostro inviato ISCHIA Sarà colpa del Rosatellum che spinge alle alleanze ma non troppo, o dei tre poli che si...

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ISCHIA Sarà colpa del Rosatellum che spinge alle alleanze ma non troppo, o dei tre poli che si contendono la vittoria, stavolta per gli elettori sarà più difficile comprendere chi sono i buoni e chi i cattivi. Dopo vent'anni di maggioritario, più o meno finto, e di candidati premier che sfidavano anche il sistema parlamentare tutt’ora vigente per la composizione delle maggioranze, stavolta in realtà si va in ordine sparso. Per Silvio Berlusconi il nemico numero uno sono i Cinquestelle di Di Maio. O meglio, di Pier Camillo Davigo che sostiene essere il vero candidato per palazzo Chigi in caso di vittoria pentastellata. Non una novità, visto che per il Cavaliere toghe rosse e giustizialisti di vario genere sono ora trasmigrati nel M5S.

Matteo Renzi, dal canto suo ha detto ieri che la sfida è con il centrodestra al quale intende dare battaglia  nei collegi voto per voto. E si capisce perché. Infatti, per contendersi il voto utile, il Pd deve proporsi come unica alternativa al M5S e un centrodestra tornato competitivo potrebbe  relegare l’alleanza di centrosinistra al terzo posto. Per Mdp il principale avversario è il Pd.

Ma i “nemici” di Berlusconi, non sono gli stessi della Lega e FdI. Salvini contende al M5S, specie al Sud, gli stessi voti e, archiviato il voto sul Rosatellum, è lecito attendersi consonanze tra i due partiti su molti temi. Per la Lega l’avversario è il Pd, anche perché la prospettiva di larghe intese Pd-FI, rischia di lasciare a terrà proprio il Carroccio e le sue posizioni anti-euro. Non a caso ieri, parlando alla reunion azzurra di Casamicciola, Berlusconi ha sollecitato apertamente il voto per FI e non per i partiti della coalizione. 

Posizioni che rendono confuso il dopo e che disorientano gli elettori che i leader cercano di spingere alle urne, promettendo l’unica cosa che non possono realisticamente promettere: il no alle larghe intese.

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Il Messaggero