Alcuni giorni fa l’onorevole Bersani, a margine dell’ inchiesta di Firenze, ha auspicato una riforma della disciplina delle intercettazioni: «Non si può buttar via così -...
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Per conto nostro, scriviamo da circa vent’anni che questa barbarie giuridica va radicalmente eliminata per le seguenti ragioni. 1) Che i brogliacci della polizia giudiziaria con le trascrizioni delle telefonate non danno alcuna garanzia di autenticità (e infatti il codice ne prevederebbe la perizia). 2) Che la loro selezione ad opera di chi ascolta è opinabile e spesso arbitraria, fonte di rappresentazione ingannevole. 3) Che la libertà di stampa non solo non c’entra nulla, ma è anzi vulnerata e avvilita, perché il giornalista non scrive quello che sceglie lui, ma quello che altri gli hanno propinato. 4) Che in queste trascrizioni manca l’elemento più importante, cioè il tono della voce.
Secondo il tono della voce, infatti, anche un’imprecazione può essere affermativa, interlocutoria o negativa. 5) Che la loro funzione, che il codice vorrebbe quali mezzo di ricerca della prova, si è imbastardita diventando una prova a sè, con il risultato di farle finire nel fascicolo processuale e quindi sui giornali. 6) Da ultimo, ma non ultimo, che se le intercettazioni sono pericolose per i dialoganti, sono addirittura nefaste per i terzi ignari e sprovvisti di difesa. Come accade oggi per l’onorevole D’Alema. Com’è avvenuto che l’inviolabile segreto delle conversazioni, solennemente protetto dall’articolo 15 della Costituzione, sia stato così stracciato e offeso? È accaduto per una combinazione perversa di mistificazione, di interesse e di viltà.
La mistificazione sta in chi illude i cittadini che le intercettazioni tutelino la loro sicurezza, e che senza di queste tante indagini nemmeno inizierebbero. Non è vero: le inchieste più importanti della nostra storia giudiziaria, quelle contro il terrorismo e le brigate rosse, si sono felicemente concluse senza una sola intercettazione utile. L’interesse sta in chi maneggia questo strumento abominevole per alimentare il coccodrillo nella speranza che esso mangi il proprio avversario, senza sapere che alla fine il coccodrillo mangerà anche lui. E la viltà sta in tutti noi, che abbiano accettato questa nefandezza senza un esame critico delle sue conseguenze civili e morali.
Forse perché, abituati per secoli all’umiliazione dei sudditi, non abbiamo ancora acquisito il vigore dei cittadini. Se dunque potessimo dare un consiglio al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, diremmo questo: intervenga ora, con l’energia che gli è congeniale, usi lo strumento del decreto legge per eliminare questa porcheria. Le intercettazioni sono raramente indispensabili, talvolta utili e sempre insidiose.
Lo strumento tecnico per conciliarne l’(in)offensività con le esigenze investigative esiste già: sono le intercettazioni preventive, che funzionano benissimo contro il terrorismo.
Il Messaggero