«Sì è lei. Fece un'iniezione in un braccio a mia madre. Le iniettò un liquido trasparente». Così Francesco Valli - figlio di una...
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Circa alle 20.30 Marcella Ferri morì per un arresto cardiaco. Questo è l'unico dei 13 casi, tra quelli compresi nell'inchiesta, in cui il decesso non viene fatto risalire a una 'bombà di Eparina, ma ad altra causa. I passaggi sono illustrati nell'ordinanza di arresto del gip, dove si fa anche riferimento all'interrogatorio del Nas a Valli come testimone, reso il 22 agosto 2015, pochi giorni dopo la morte della madre. Valli riconobbe Fausta Bonino da una foto. Lo stesso Francesco Valli, peraltro, aveva presentato un reclamo alle autorità sanitarie. E la sua risulta l'unica denuncia fatta da un parente fra i 13 casi di decessi attribuiti dalla procura di Livorno a Fausta Bonino. Un reclamo che aggrava la posizione dell'infermiera: infatti, rileva il gip Antonio Pirato, Fausta Bonino nella relazione fatta al primario e alla caposala descrive la sua assistenza a Marcella Ferri con delle incongruenze.
«... il medico - scriveva l'infermiera - mi ha fatto anticipare le goccioline della sera e la paziente era contenta; fino alle 19.40, orario della terapia, non ho somministrato nessun altro farmaco alla paziente», «alle 19 il figlio è uscito, prima ancora che si comunicasse che il passo fosse terminato». Per gli inquirenti, e anche per il gip, le affermazioni della Bonino cozzano con le altre testimonianze. Intanto, perchè il figlio Francesco Valli riferì che Bonino gli consegnò alle 18.45 tre frammenti di compresse e un bicchierino con tranquillante in gocce, ma che lui stesso - e non l'infermiera - somministrò alla madre. E poi anche perchè gli orari non tornano con i racconti delle altre infermiere, come quella che disse che il figlio rimase per tutto l'orario consentito di visita ai pazienti, oltre le 19.15. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero