È accaduto di nuovo: gli inneschi che partono in contemporanea, le sterpaglie seccate dal caldo che prendono fuoco e il vento che allarga il braciere per chilometri. Ma...
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Come sul Vesuvio, a Positano, a Foggia, a Reggio Calabria e alle porte di Roma, solo per citare i disastri degli ultimi tre o quattro giorni.
Non li prendono quasi mai. E, quando accade, il loro processo si trasforma in una strada in salita per l’accusa, che deve vedersela con perizie tecniche lunghissime e con la difficoltà di provare un reato commesso in luoghi deserti e molti mesi prima. Poi ci sono i tempi fisiologici dei tribunali: biblici. Alla fine, spesso, arriva la prescrizione che cancella tutto. E se c’è la condanna, il codice prevede pene da 4 a dieci anni nei casi più gravi, con tutti i benefici che l’attuale sistema giudiziario offre ai condannati.
È questa, probabilmente, la ragione per la quale ogni anno - e per motivi diversi - decine di criminali entrano in azione con benzina e fiammiferi. Per alcuni si tratta di una patologia: vogliono vedere l’effetto che fa, si sentono gratificati dai titoli sui giornali che parlano della loro bravata. Per altri è interesse economico: ci sono di mezzo di contratti stagionali da Forestali, vogliono far capire con i roghi che loro sono indispensabili. Un po’ quello che fanno i mafiosi che controllano interi quartieri: vanno in un negozio, lo devastano, e poi dicono al proprietario che ha bisogno di qualcuno che controlli. Vetrine rotte o boschi distrutti, il ragionamento è lo stesso.
Se anche questo è racket, dunque, perché non prevedere pene da mafiosi per questi signori? Se si è arrivati a pensare di combattere la corruzione utilizzando le norme stringenti del codice antimafia, perchè non utilizzare il deterrente della stangata giudiziaria per trasmettere un segnale di fermezza anche ai signori del fuoco?
La stretta recente sugli incidenti automobilistici, con l’accusa di omicidio stradale (con arresto immediato) nei confronti di molti automobilisti (che prima se la cavavano con un avviso di garanzia), ha dato risultati ottimi. Chissà che davanti alla prospettiva di passare una robusta dose di anni in cella, anche i piromani non decidano di smetterla di passeggiare nei boschi con le bottiglie molotov nella borsa. O con l’occhio all’assunzione stagionale ottenuta a prezzo di devastazioni ambientali, se non di vite umane.
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Il Messaggero