Amatrice, quei 5 piani intatti prima malvisti in paese e ora simbolo di rinascita

Amatrice, quei 5 piani intatti prima malvisti in paese e ora simbolo di rinascita
AMATRICE Si staglia, da solo, a metà di corso Umberto, la strada vetrina del paese, quasi a voler simboleggiare la strenua difesa opposta al devastante terremoto che ha...

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AMATRICE Si staglia, da solo, a metà di corso Umberto, la strada vetrina del paese, quasi a voler simboleggiare la strenua difesa opposta al devastante terremoto che ha raso al suolo il centro storico di Amatrice. E, bisogna dire, fa una certa impressione quell'edificio di cinque piani, dal colore rossiccio e con le facciate realizzate a cortina, che mal si coniugava con l'immagine urbanistica del paese, circondato da ruspe e squadre di soccorritori che, da martedì, non hanno mai smesso di scavare alla ricerca dei dispersi ancora sepolti dalle macerie.

 

Apparentemente non presenta danni, tanto che ieri mattina i dipendenti di Intesa SanPaolo (l'ex Cassa di Risparmio di Rieti), la banca che occupa il piano terra, sono potuti entrare, sia pure tra mille cautele dopo le necessarie verifiche da parte dei vigili. Neppure le ultime scosse l'hanno scalfito e, adesso, sono tutti lì a chiedersi di questo miracolo che ha permesso a cinque piani di non accartocciarsi come è stato per quasi tutte le case di corso Umberto. Ma dietro non c'è nessun miracolo e neppure grandi progettisti.

 

«Il palazzo fu fatto costruire, nei primi anni 50, dal proprietario Domenico Piccirilli, un commerciante che gestiva un negozio di merceria e una pompa di carburante dalla parte opposta della via, attraverso lavori in economia affidati ad alcune piccole imprese locali, perché voleva trasformarlo in albergo - ricorda Luigi Bucci, ingegnere, sindaco di Amatrice per un decennio (1980-90) - ma il progetto sfumò. Francamente, la struttura strideva con il resto del centro storico, sorgendo oltretutto a ridosso del palazzo comunale. Innanzi tutto c'era il problema dell'altezza che lo rendeva il palazzo più alto, poi quel colore troppo acceso. Insomma, si differenziava troppo rispetto all'architettura del paese e, così, maturai l'idea di intervenire, facendo demolire l'ultimo piano e adeguando la colorazione a un beige, ma non ci fu il tempo per realizzare il progetto. Ma non ci furono progettazioni particolari e il fatto che l'edificio abbia resistito alla violenza del terremoto ha sorpreso tutti. E' evidente, comunque, che all'epoca non si risparmiò sui materiali usati».


Sfumato l'albergo, Piccirilli si accordò con la Cassa di Risparmio che acquistò il piano terra e il primo piano per ospitarci l'Esattoria, la banca e gli uffici. Dal secondo al quinto piano furono invece ricavati degli appartamenti. Adesso, tutti guardano a quel palazzo ritenuto urbanisticamente inadeguato, che non ha ceduto al terremoto, e sono pronti a eleggerlo come simbolo della rinascita di Amatrice. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero