Nasce l'hashtag #JeSuisCouteau - io sono un coltello - per "celebrare" l'attentatore di Tel Aviv

Una delle immagini della campagna per celebrare l'attentatore di tel Aviv
Un odio senza fine. È quello che appare in tutta la sua forza nell’hashtag che da stamattina celebra l’attentatore di Tel Aviv, il ventitreenne Hamza Muhammad Hassan Matruk...

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Un odio senza fine. È quello che appare in tutta la sua forza nell’hashtag che da stamattina celebra l’attentatore di Tel Aviv, il ventitreenne Hamza Muhammad Hassan Matruk che ha accoltellato tredici persone, ferendone gravemente almeno quattro, su un autobus della città israeliana.


Diffusosi rapidamente in alcuni profili twitter #JeSuisCouteau, che fa il verso – con macabro e malcelato sarcasmo – a #JeSuisCharlie, nato a seguito dei recenti eventi di Parigi – vuol dire, in francese, “io sono coltello”, a sottolineare la solidarietà con l’attentatore e il supporto – totale – al suo gesto.



Tra immagini di gatti e panorami, sui profili di attivisti - ma anche di ragazzi e ragazze che preferiscono, normalmente, parlare di calcio piuttosto che di politica - il terribile hashtag (con uno spirito che ricorda molto da vicino i vari #JeSuisKouachi dei giorni scorsi) è accompagnato da vignette e rappresentazioni grafiche che mostrano coltelli insanguinati sul cui manico compaiono i colori della bandiera palestinese, o altre lame che si infilano tra teschi con la stella di David. E c’è anche un fumetto in cui un ragazzo con il viso coperto dalla Kefia si allontana da un autobus sorridente e fiero di aver inferto “10 pugnalate per ogni persona che non prega per il profeta”.



In realtà Hamza Muhammad Hassan Matruk è stato ferito dalla polizia mentre cercava di scappare e, al momento, si trova nelle mani dello Shin Bet al quale avrebbe – secondo alcuni media statunitensi – dichiarato di aver agito come conseguenza a quanto accaduto la scorsa estate a Gaza.

Laddove i testi sono in lingua inglese o francese, i riferimenti sono all’impossibilità di una coesistenza pacifica tra i due popoli. Mentre i tweet in arabo accompagnano a #JeSuisCouteau un altro hashtag nella lingua madre - #ثورة_السكاكين – che significa letteralmente #LaRivoluzioneDeiColtelli e che sta crescendo ancora più rapidamente del precedente.

L’ultima immagine associata mostra una vignetta in cui un uomo (di cui si vede solo un braccio) brandisce una mannaia insanguinata su cui compare un’immagine di Gerusalemme. Una minaccia o un incitamento ad attaccare, con le stesse modalità, anche in altre città.



Tra fanatici, emuli, esibizionisti i social continuano a essere un luogo in cui l’odio si mostra in tutta la sua violenza simbolica e in cui quella che è una minoranza rischia di avere fin troppa grande visibilità. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero