Il ragazzo della via Gluck si trasforma nell’anziano cittadino di via Battistini. Ma sempre lui è: Adriano Celentano. Che...
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Che ancora una volta si offre come una perfetta immagine dell’italiano qualunque. Di fronte alla tragedia di Boccea si fa la domanda giusta, quella che agita ormai sia il subconscio che il conscio di tutti e insieme interroga il cervello e la pancia del Paese: si può continuare così? No che non si può, e «serve la certezza della pena» per chi compie un eccidio come quello provocato dall’auto impazzita dei rom.
Impossibile dargli torto. Il tema è profondo, ed è lodevole ancora una volta la capacità di Adriano di immedesimarsi nei problemi di tutti che sono evidentemente anche i suoi. Ma la risposta che Celentano propone non sembra altrettanto lucida.
Il Molleggiato ha spesso preso posizioni discutibili - basti pensare al suo millenarismo ultra-ecologista, ai tele-predicozzi da santone anti-politico, alle pose da maitre à penser e da tuttologo - e ora nella sua ultima piroetta si trasforma da grillino in neo-leghista.
Così: «Il fatto di Roma mi fa pensare a Salvini». Ridurre a politichetta, o addirittura a propaganda, una grande urgenza sociale e giuridica, quella del buon uso della convivenza in una metropoli, della sicurezza dei cittadini e della certezza della pena, appare più che altro come una scorciatoia. O come una leggerezza. Evviva il pop, ma abbasso l’agit-prop. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero