Puntuale come ad ogni liberazione di ostaggi, scatta la polemica sul presunto riscatto pagato dal Governo. «Supplichiamo il nostro governo di riportarci a casa». La richiesta di...
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Le due volontarie italiane di 20 e 21 anni sequestrate nel nord della Siria alla fine di luglio sono state rilasciate e saranno a Roma stanotte.
Ma in Italia, accanto alla gioia delle famiglie e al sollievo del governo, scoppia la polemica sul presunto riscatto versato nelle casse dei sequestratori, con il leader della Lega Matteo Salvini che evoca il pagamento di 12 milioni di euro:
«Sarebbe uno schifo!». L'annuncio della liberazione è stato dato con un tweet di Palazzo Chigi, che ha così confermato un'anticipazione del canale Al Mubasher della televisione panaraba Al Jazira, secondo il quale le due giovani erano state rilasciate dal Fronte al Nusra, la branca siriana di Al Qaida.
Poco dopo è stata il ministro Maria Elena Boschi a dare la notizia alla Camera, che l'ha accolta con un lungo e unanime applauso, mentre il Presidente del Senato nell'esercizio delle funzioni del Presidente della Repubblica, Pietro Grasso, si è congratulato «per il costante e decisivo impegno di Governo, Unità di Crisi della Farnesina e Servizi di Informazione e Sicurezza». Negli stessi momenti le campane suonavano a festa a Brembate e Gavirate, i paesi di provenienza delle due giovani.
«Siamo felicissimi», hanno esultato le famiglie, che hanno ricevuto una telefonata direttamente dal premier Matteo Renzi.
«Supplichiamo il nostro governo e i suoi mediatori di riportarci a casa prima di Natale, siamo in estremo pericolo e potremmo essere uccise», aveva detto in inglese Greta, mentre Vanessa teneva in mano un cartello con una data: 17 dicembre 2014. I servizi d'Intelligence italiani avevano ritenuto autentico il video, anche se qualche dubbio riguardava la data, in mancanza di elementi temporali esterni, come la presenza di un quotidiano. Il pm di Roma Sergio Colaiocco, titolare dell'inchiesta, aveva confermato che la trattativa era entrata in «una fase delicata» in cui erano ancora più necessario mantenere «riservatezza e prudenza».
Un margine di mistero rimane sugli autori del rapimento. Subito dopo la diffusione del video un sedicente appartenente ad Al Nusra aveva detto a media tedeschi che questo gruppo aveva nelle sue mani i due ostaggi, come sembrerebbe confermare l'annuncio dato oggi dal canale di Al Jazira. Ma secondo fonti informate con cui l'Ansa è in costante contatto da mesi, le due ragazze sarebbero sempre rimaste nella regione dove sono state rapite, nella campagna di Abizmu, appunto, una zona fuori dal controllo sia delle truppe del regime che dei miliziani qaedisti nella quale sono presenti almeno sei gruppi armati e altre formazioni minori. Non è escluso però che le due giovani siano state cedute ad Al Nusra da chi le ha sequestrate. Cioè, secondo quanto affermato nei mesi scorsi dalla stampa libanese ben informata e vicina al regime di Damasco, da un gruppo con cui sarebbero state in contatto e che le avrebbe attirate ad Abizmu nell'ambito di un piano preordinato per rapirle e chiedere un riscatto. Proprio sul riscatto polemizza fortemente la Lega.
Ad ipotizzare il pagamento di 12 milioni di euro è stata la tv di Dubai al Aan, indiscrezione poi ripresa anche dal Guardian online e denunciata in Italia da Salvini: «Se veramente per liberare le due amiche dei siriani il Governo avesse pagato un riscatto di 12 milioni sarebbe uno schifo!», ha tuonato.
«Sono molto felice per la liberazione di Greta e Vanessa» ma «qualora fosse stato pagato un riscatto, quei soldi andrebbero a finanziare i sequestratori che ci sono dietro questi episodi e quindi a chi attenta alla nostra civiltà», ha rincarato il vice presidente leghista del Senato Roberto Calderoli. Stessa musica nelle parole dell'azzurra Mariastella Gelmini: «Mi sembra doveroso chiederci se un eventuale riscatto pagato a dei terroristi non sia una fonte di finanziamento per portare la morte in Europa e altrove. Il governo e il ministro Gentiloni faranno bene a chiarire rapidamente la vicenda». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero