Roma - L’Italia torna a coltivare i grandi antichi, più pregiati e nobili, con maggiori proprietà rispetto alle varietà selezionate in...
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In diverse regioni il cambiamento nelle colture ha segnato un passaggio importantissimo. In Emilia per esempio. Sull'Appennino reggiano quest’anno verrà organizzato anche uno speciale Festival dedicato ai Grani Antichi per fare conoscere la rivoluzione in atto e le aziende agricole che si sono convertite alle sementi non industriali. Si tratta del Festival Cittaslow per la Biodiversità che per tre giorni , dal 27 al 29 luglio a Felina di Castelnovo Monti verrà celebrata la diversificazione produttiva, un aspetto prezioso perché inverte la tendenza alla monocoltura delle foraggere che si è consolidata negli ultimi decenni con il conseguente impoverimento delle varietà vegetali. Mostre, filmati, dibattiti, espositori dei produttori dell'Appennino Reggiano con la partecipazione di aziende e centri di ricerca e Università di Parma e Bologna per presentare le caratteristiche organolettiche e salutistiche delle diverse varietà di cereali.
In questo panorama ci sono aziende nuove, che non solo nascono con una nuova mentalità, ma imprenditori che scommettono sul futuro dell'ambiente. Qualche esempio. In località Pantano di Carpineti, Allegra Fattoria, produce un antichissimo farro, il Monococco, che ha migliaia di anni. Poco più in là, a Castelnuovo Monti, in località Ottosalici, c’è l’Azienda Demetra diretta da un professore di storia in pensione che ha iniziato a recuperare una intera vallata che non era coltivata o aveva solo foraggere. Qui si producono diverse varietà antiche: Senatore Cappelli, Saragolla, Verna, Mentana, Cinquantino. Poco lontano, a Bergogno di Casina, l’Azienda Fontanili produce il Gentil Rosso. A dirigerla è una coppia che si è trasferita da Milano per iniziare un lavoro del tutto nuovo. L’Azienda Il Sottobosco produce grano saraceno e con la pellicola che riveste i chicchi, normalmente un materiale di scarto’, viene utilizzato per imbottire piccoli cuscini. La dirigono due fratelli giovanissimi che hanno scelto di investire sulle potenzialità della terra di montagna, meno sfruttata e meno avvelenata con i diserbanti. La loro scelta di vita di abbandonare la città per trasferirsi in montagna sembra essere un tratto comune dei nuovi agricoltori, sensibili al discorso dell’ambiente e della salute.
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Il Messaggero