Questa mattina, alla vigilia della nuova visita a Sergio Mat- tarella, Luigi Di Maio e Matteo Salvini torneranno a vedersi nella Capitale. Come ormai da setti- mane, i due ieri si...
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Sarà il Presidente a dire l’ultima parola sui ministri e a stabilire, come fece Luigi Einaudi, se il nome che gli verrà proposto domani per pa-lazzo Chigi sarà all’altezza del delicato ruolo. Di Maio, che non ha abbandonato il proposito di guidare il governo giallo-verde, spera proprio nella sponda del Quirinale. Non a caso, dopo che Salvini ha ripetuto che il premier non sarà né lui né il capo grillino, «ma un professionista incontestabile che vada bene ad entrambi e ha partecipato alla stesura del pro- gramma», Di Maio si è lasciato sfuggire: «Non so se andrò io a palazzo Chigi». Come dire: è difficile, ma ancora ci provo. E Davide Casaleggio ha messo a verbale: «Il premier ideale è Luigi».
Lo schema di gioco del leader 5Stelle lo spiega un grillino di al-to rango: «Sul Colle, d’accordo con Salvini, Luigi farà un nome terzo, proporrà un tecnico d’area. Uno come Conte, oppure come Roventini e Fioramonti. Però già mette in conto le perplessità del capo dello Stato di fronte a personalità competenti, ma non certo di spicco. E confida sul fatto che sia il Presidente, per avere un governo più forte e stabile, a spingerlo a fare il premier in quanto leader politico della forza che ha preso il 32% di voti...». Tant’è, che Di Maio ha confidato: «Mi riproporrò, la logica sta dalla mia parte». Da vedere, se veramente fosse questo l’epilogo, come reagirà Salvini. Il rischio che salti tutto c’è: «Mat- teo non potrà mai accettare Di Mio come premier», dicono nell’entourage del capo leghista.
LA SQUADRA
Strettamente collegata a quella di palazzo Chigi è la partita dei dicasteri, la lotta per la spartizione. Di Maio ha fatto capire a Salvini - se dovesse fare il famoso passo di lato e rinunciare alla premiership - di puntare sul comparto economico: Sviluppo (Fioramonti), Lavoro-welfare (il leader grillino), Infrastrutture e trasporti (Laura Castelli). Chiara la strategia: imporre lo stop alla grandi opere (Tav Tori- no-Lione, Terzo Valico e Tap) e attuare in prima persona il red-dito di cittadinanza. Più la Giustizia per Alfonso Bonafede, la Sanità per Giulia Grillo, la Scuola per Vito Crimi o Vincenzo Spadafora che potrebbe anche assu- mere l’incarico di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Salvini, in questo schema senza Di Maio ma con il giurista Conte o l’economista Roventini o lo stesso Bonafede a palazzo Chigi, agguanterebbe il comparto sicurezza per avere «le mani libere» contro rom e migranti. Gli Interni per lui, la Difesa a Lorenzo Fontana (se il capo leghi- sta non riuscirà ad agganciare Fratelli d’Italia e a portare Guido Crosetto in quel dicastero), i Servizi segreti a Giancarlo Giorgetti che assumerebbe anche il ruolo strategico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Inoltre, alla Lega andrebbe l’Agricoltura (Nicola Molteni), i Rapporti con il Parlamento (Giulia Bon- giorno), il nuovo ministero alle disabilità (Simona Bordonali), il Turismo e gli Affari regionali (Gian Marco Centinaio). Tutto cambierebbe e alla Lega potrebbe andare anche qualche dicastero economico, se in- vece Di Maio dovesse spuntarla e riuscisse ad andare a palazzo Chigi.
In questo caso evaporerebbe anche l’ipotesi del capo pentastellato e di Salvini nel ruolo di vicepremier, per quello che è stato immaginato come una sorta di triumvirato con il “premier terzo” targato 5Stelle.
Il Messaggero