Google rompe con il Pentagono: «I droni possono uccidere»

Google rompe con il Pentagono: «I droni possono uccidere»
Una protesta dei dipendenti, poi una petizione con più di quattromila firme al numero uno Sundar Pichai, addirittura in venti tra tecnici e manager si erano dimessi: no...

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Una protesta dei dipendenti, poi una petizione con più di quattromila firme al numero uno Sundar Pichai, addirittura in venti tra tecnici e manager si erano dimessi: no quel progetto a loro non piaceva proprio perché quei robot e i droni che usavano la loro tecnologia sofisticata potevano anche uccidere. Così dopo mesi di braccio di ferro, la decisione: Google ha rotto con il dipartimento della Difesa Usa infrangendo un contratto da 9 milioni di dollari. Un prezzo alto ma l'immagine di una Silicon Valley pacifica e anti-militarista è salva.


È stata dunque una vera e propria rivolta interna a provocare il passo indietro dei vertici di Google, che ancora negli ultimi giorni rassicuravano sul carattere assolutamente inoffensivo del controverso progetto, promettendo comunque un codice etico per l'uso dell'intelligenza artificiale in campo militare. Ma alla fine il colosso informatico si  è dovuto arrendere all'evidenza: grazie al programma di intelligenza artificiale TensorFlow è possibile il riconoscimento automatico dei potenziali obiettivi dei droni utilizzati in missioni militari o di anti-terrorismo.


Così l'uomo ha battuto il computer nella lettera-appello inviata a Pichai, Google, si sottolineava,  non dovrebbe occuparsi della guerra e non è nata per uccidere. Così, alla sua scadenza il prossimo anno, il contratto col Pentagono non verrà rinnovato, come annunciato dalla responsabile di Google Cloud, Diane Greene. I vertici del colosso di Mountain View hanno raccolto la preoccupazione di chi vedeva nel progetto Maven anche un primo passo verso l'uso della nascente tecnologia sull'intelligenza artificiale nella realizzazione di una nuova generazione di armi. Del resto non è un segreto che il segretario alla difesa Usa, l'ex generale James Mattis, sia da tempo in pressing sui big dell'alta tecnologia proprio per avere il loro aiuto nel perseguire una delle priorità della strategia del Pentagono nell'era Trump: mettere l'intelligenza artificiale al centro dello sviluppo di nuovi armamenti. Tanto che in corso di realizzazione è un vero e proprio Joint Artificial Intelligence Center. Ma - come sottolineano diversi commentatori - il caso di Google e del progetto Maven dimostra come i lavoratori del settore tecnologico se uniti possano ancora dire la propria e cambiare il corso egli eventi.

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Il Messaggero