Passi avanti sulla prescrizione ma non senza una nuova spaccatura all'interno della maggioranza. È di nuovo scontro,...
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È di nuovo scontro, infatti, tra Pd e Ap che, sull'onda della burrasca seguita alle dimissioni di Maurizio Lupi, moltiplica il pressing sul governo e, in Aula alla Camera, prima annuncia voto contrario al ddl e poi, dopo una mediazione del ministro della Giustizia Andrea Orlando, opta per una più morbida astensione non nascondendo, tuttavia, che al Senato sarà battaglia. Il ddl, che allunga i tempi della prescrizione su reati di corruzione e pedofilia, passa a Montecitorio con 274 sì, 121 astenuti (oltre ad Ap, anche Psi e M5S) e 26 no di FI, ma al Senato il governo dovrà trovare un punto di caduta con i centristi, decisivi a Palazzo Madama.
È Orlando, intervenendo in Aula, ad evitare una spaccatura ancor più clamorosa, aprendo «a possibili modifiche in Senato» e respingendo l'accusa di «un irragionevole aumento dei tempi». La mediazione, alla fine, riesce perchè Ap, guidata dal capogruppo in commissione Giustizia Alessandro Pagano decide per abbassare i toni dello scontro con un'astensione. Ma la scelta deriva dalla sostanziale ininfluenza del gruppo centrista alla Camera laddove al Senato alfaniani e Udc restano decisivi per la maggioranza. E non è un caso se Orlando da un alto precisa che «sulla impostazione della prescrizione non si torna indietro» e dall'altro sottolinea la «fondatezza» del metodo del confronto con tutti i partiti sul testo. Un metodo che, a Palazzo Madama, potrebbe essere rinnovato trovando una sponda nel M5S che ancora ieri si diceva pronto al dialogo in cambio di «tre» modifiche definite tuttavia «imprescindibili».
Il rebus dei numeri a Palazzo Madama, tuttavia, resta, e con il 'casò Lupi è destinato a renderlo ancora più spinoso. «In Senato, dove i nostri numeri sono determinanti, vogliamo dare battaglia per avere tempi certi per i processi», avverte il leader di Ncd, Angelino Alfano, non arretrando neppure sull'altra battaglia messa in campo in queste ore dai centristi, quelle sulle intercettazioni. «Chiediamo che il provvedimento sia messo in pole position, abbiamo approvato in cdm la riforma e non eravamo certo su 'Scherzi a partè», sottolinea il titolare del Viminale replicando a distanza a chi, come il presidente dell'Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone oggi spiegava come «nessuno», ora, possa «mettere in discussione le regole sulle intercettazioni».
È la giustizia, insomma, il terreno dove Ncd vuol far sentire la sua voce dopo le dimissioni di Lupi (destinato a fare il capogruppo in commissione Affari Costituzionali con la chance di divenirne il prossimo presidente).
Il Messaggero