Le indagini sulla morte di Giulio Regeni sono ancora in corso e «c'è piena cooperazione tra il ministero degli Interni e gli inquirenti italiani». Con...
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E proprio su questa documentazione che da giorni si sta sviluppando un pericoloso braccio di ferro tra Roma e il Cairo: si tratta, in sostanza, delle immagini di video-sorveglianza delle telecamere che si trovano nelle vicinanze della casa di Regeni al Cairo e delle due stazioni della metropolitana, quella della partenza e dell'arrivo, che il giovane avrebbe dovuto utilizzare la sera del 25 gennaio, quando è scomparso. Oltre, naturalmente, ai tabulati delle celle telefoniche che impegnano il 25 gennaio la zona dell'abitazione di Regeni e quelle del 3 febbraio della zona dove è stato ritrovato il corpo. Indagini che quindi sono ancora del tutto aperte e che vanno avanti, secondo la procura del Cairo, in ogni direzione e non solo sulla pista della criminalità comune. Precisazioni necessarie visto il clima caldissimo che in Italia alimenta polemiche quotidiane e rischia di rovinare ulteriormente le relazioni tra Italia ed Egitto. Il caso Regeni infatti è anche una partita di poker ancora tutta aperta con una dead line non ufficialmente dichiarata: quella del 5 aprile quando gli investigatori egiziani saranno a Roma per incontrare i colleghi italiani. In questi giorni si vedrà la reale volontà di collaborare dell'Egitto.
«Stiamo scambiando informazioni su questo caso continuamente e qui al Cairo c'è una delegazione di sicurezza italiana incaricata di seguire l'indagine passo per passo», ha ricordato il ministro dell'Interno Ghaffar aggiungendo che «la cooperazione con la parte italiana è naturale in quanto il caso è molto difficile e avvolto nel mistero da ogni lato».
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Il Messaggero