Germania, uccide la figlia di 2 anni per punire la moglie

Germania, uccide la figlia di 2 anni per punire la moglie
Una vile vendetta nei confronti della moglie. Una punizione atroce per confinare per sempre la donna che aveva sposato nell'abisso della disperazione. Sohail A., richiedente...

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Una vile vendetta nei confronti della moglie. Una punizione atroce per confinare per sempre la donna che aveva sposato nell'abisso della disperazione. Sohail A., richiedente asilo pakistano di 34 anni, ha ucciso la figlia Ayesha, 2 anni, nella casa di Amburgo, in Germania. Una tragedia evitabile, come stanno appurando i giudici, viste le denunce di violenze domestiche a carico dell'uomo che, tra l'altro, non avrebbe neanche dovuto essere in territorio tedesco, visto che la sua richiesta di asilo politico era stata respinta.

 
L'omicidio è avvenuto lo scorso ottobre: tra Sohail e la moglie, Lubna, 32 anni, era scattato l'ennesimo litigio, lui si era scagliato contro di lei e i figli con violenza e la donna era uscita di casa per andare a sporgere denuncia. Quando è tornata a casa con la polizia, ha trovato il corpo della piccola  Ayesha che giaceva in un lago di sangue: era stata sgozzata con un coltello da cucina che il padre aveva lasciato accanto al suo corpo. Sohail, nel frattempo, era fuggito facendo perdere ogni traccia: è stato catturato dalla polizia spagnola a San Sebastian ed è stato estradato in Germania una settimana dopo. Adesso è comparso davanti ai giudici della corte di Amburgo che lo hanno descritto come un tiranno e un violento che ha agito con rabbia per punire la moglie. 
 
Dalle indagini è emerso che Sohail era nel Paese illegalmente, visto che la sua domanda di asilo politico era stata giudicata inammissibile appena un mese dopo il suo arrivo dal Pakistan il 21 dicembre 2011. L'11 luglio 2012 le autorità giudiziarie avevano ritenuto la decisione legale, aprendo la strada a un'espulsione alla quale in realtà non è mai stata data attuazione. In attesa di lasciare la Germania ha conosciuto Lubna, dalla quale ha avuto due figli. Nonostante la famiglia fosse sul radar delle autorità a causa delle violenze domestiche, l'uomo continuava a restare nel Paese. «Ci sono stati diversi contatticon la famiglia - ha dichiarato un portavoce del Dipartimento dei servizi sociali - La sicurezza dei bambini era l'argomento principale».  Nell'aprile dello scorso anno Sohail ha avviato un'azione d'urgenza presso il tribunale amministrativo di Amburgo per poter rimanere nel Paese. Secondo quanto riportano i giornali tedeschi, il giudice era stato informato dalla polizia delle violenze messe in atto contro la moglie e aveva deciso di coinvolgere i servizi sociali, senza, però pronunciarsi su un'espulsione immediata. 
 

In tribunale l'uomo ha dichiarato: «La mia famiglia stava andando in pezzi. Ho amato mia figlia sopra ogni cosa». In aula gli assistenti sociali hanno riferito di non aver notato in precedenza alcun peggioramento della situazione familiare. E mentre in Germania si infiamma nuovamente il dibattito sulle mancate espulsioni,  la sorte di Sohail è nelle mani dei giudici: se condannato, rischia l'ergastolo.
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Il Messaggero