A 18 anni sembrava che la sua esistenza fosse spezzata inesorabilmente: il cancro al collo dell'utero che le avevano appena diagnosticato le lasciava poche speranze di vita e...
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In quei 21 ovuli (solo dieci dei quali sono sopravvissuti) c'era già una premonizione: a 21 anni Jessica avrebbe avuto un bimbo, anche se a partorirlo sarebbe stata sua madre. «Mamma è stata la donna più coraggiosa e sorprendente del mondo, la amo in un modo che non si può descrivere per avermi dato mio figlio - dice la ragazza - Fin da bambina desideravo diventare madre, ora il mio sogno si è avverato. Jack è perfetto sotto ogni aspetto».
Quando nel 2013 Jessica andò in ospedale per farsi visitare, i medici le dissero che aveva una malattia trasmessa sessualmente: secondo loro era troppo giovane per avere un tumore all'utero. La verità venne a galla solo dopo ulteriori test, quando la biopsia rivelò che si trattava proprio di un tumore e, poche settimane dopo, fu accertato che si era diffuso ai linfonodi. I medici furo chiari: Jessica non avrebbe mai più potuto avere figli. Fu a quel punto che la ragazza decise di far congelare gli ovuli, e Julie si offrì come madre surrogata.
In questi anni Jessica ha lottato contro il cancro e, a quanto pare, sembra avercela fatta: ora è in remissione, si sottopone a regolari check-up per assicurarsi che il cancro non torni e collabora a una campagna per incentivare le giovani donne a sottoporsi al pap-test. Visti i risultati, in primavera ha deciso che la sua vita poteva nuovamente guardare al futuro e, insieme al marito Rees, ha benedetto il momento in cui aveva fatto congelare i suoi ovuli: un embrione è stato scongelato e impiantato nel grembo di sua madre, che il 2 dicembre ha partorito Jack, consentendole di dare con orgoglio l'annuncio su Facebook.
«Gli ultimi tre anni - ha detto Julie - sono stati i peggiori in assoluto, ma per fortuna ho avuto la fortuna di poter contribuire perché tutto tornasse a posto. Vedevo Jessica così sofferente e impaurita che avrei voluto prendere il suo posto, ma non c'era nulla che potessi fare e mi sentivo inutile: il cancro sembrava essersi impadronito delle nostre vite. Avevamo tutti il cuore spezzato pensando che il sogno di mia figlia, quello di avere un bimbo, non si sarebbe mai potuto avverare. Per questo, quando si è presentata la possibilità di fare da "madre surrogata" non ci ho pensato due volte: è stato un onore per me mandare avanti la gravidanza del bimbo di Jessica e Rees. Siamo stati così tante volte in ospedale in questi anni: non mi sembra vero che l'ultima visita sia stata per un'occasione così felice». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero